venerdì 27 agosto 2010

INTERVENTI EDILIZI." INDICAZIONI"

La definizione degli interventi edilizi
La disciplina dei titoli abilitativi dell’edilizia – originariamente contenuta nella legge n. 10\1977 e in una miriade di leggi successive di modifica e integrazione – trova oggi un suo più organico assetto nel Testo unico sull’edilizia.
In via preliminare è opportuno precisare che la legge n. 10\1977, aveva, in via generale, sancito l’obbligo della concessione edilizia, per <>.
La legislazione successiva introdusse a poco a poco un regime binario, basato sulla <> per gli interventi più importanti; sulla <> per gli interventi minori.
I recente T.U. sull’edilizia mantiene fondamentalmente questo schema, con la eliminazione però del regime autorizzatorio che viene ora integralmente assorbito da quello dell’autodenuncia.
Premessa essenziale per stabilire il titolo abilitativi richiesto è la definizione degli interventi edilizi. L’art. 3 del T.U. distingue le seguenti ipotesi:

interventi di manutenzione ordinaria;
interventi di manutenzione straordinaria;
interventi di restauro e risanamento conservativo;
interventi di ristrutturazione edilizia;
interventi di nuova costruzione;
interventi di ristrutturazione urbanistica.

Interventi di manutenzione ordinaria
Per gli interventi di manutenzione ordinaria non è prescritto alcun titolo abilitativi; riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture e quelle necessarie ad integrare e mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti.

La sostituzione delle antenne preesistenti di un impianto di telefonia cellulare con altre differenti unicamente dal punto di vista tecnico ovvero per la diversa banda di funzionamento, tale da non incidere sull’assetto urbanistico edilizio del territorio, rientra nell’ipotesi di manutenzione ordinaria (TAR Lombardia, Milano, 31 luglio 2002, n. 3260, TAR, 2002, 3460).

Interventi di manutenzione straordinaria
Sono definiti interventi di manutenzione straordinaria le opere e le modifiche necessarie per rinnovare o sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché i servizi igienico-sanitari e tecnologici, senza alterazioni dei volumi e delle superfici e senza modifiche nelle destinazioni d’uso.

Presupposto per un intervento di manutenzione straordinaria è la preesistenza di un edificio dotato delle caratteristiche strutturali ed architettoniche che consentano di individuarlo come organismo edilizio con una precisa destinazione d’uso, onde non si può configurare un’attività manutentiva di tal genere su resti edilizi che rendono impossibile l’identificazione della forma e dei volumi dell’edificio preesistente (Cons. St., V, 12 luglio 1996, n. 861, RG ED, 1997, I, 73).

Intervento di restauro e risanamento conservativo
Per tale tipologia di interventi deve intendersi quella rivolta a conservare l’organismo edilizio e ad assicurare la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano destinazioni d’uso con esso compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino, il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio originario.

L’immobile, quindi, non deve perdere la sua forma originaria, ma può essere internamente modificato perché possa essere funzionalmente adoperato, anche con una nuova destinazione d’uso che sia compatibile con le sue caratteristiche, pur con riorganizzazione dello spazio interno, mantenendosi, comunque, la leggibilità dell’originario assetto e con introduzione di elementi tecnici caratteristici dei tempi odierni. Le congiunte e contigue fattispecie del restauro e risanamento conservativo presuppongono, ovviamente, un organismo edilizio preesistente e ben definito, caratterizzandosi per l’esecuzione di interventi che, pur diretti a migliorarlo funzionalmente, ne conservano l’aspetto e le caratteristiche strutturali, lasciandone inalterata la tipologia e la morfologia, ossia la sagoma, il prospetto e la facciata, oltre che i volumi e le superfici (Cons. St., V, 6 settembre 1999, n. 1019, RG ED, 1999, I, 1388).

Interventi di ristrutturazione edilizia
Sono interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.

Nel T.U. vi sono due ipotesi di ristrutturazione edilizia: a) “l’intervento conservativo” che mantiene “immutati alcuni elementi strutturali qualificanti” con possibili integrazioni funzionali e strutturali dell’edificio esistente e con limitati incrementi di superficie e volume; b) “l’intervento ricostruttivo” che presuppone un’integrale demolizione e per il quale è venuto meno il riferimento alla “fedele” ricostruzione, precisando che si tratterà di ristrutturazione se il risultato finale coincide nella volumetria e nella sagoma con l’edificio preesistente.

Interventi di nuova costruzione
Per nuova costruzione deve intendersi non solo la ricostruzione su area libera, ma anche la modificazione del preesistente, tanto radicale da snaturare completamente la precedente consistenza e tale da determinare la produzione di un oggetto completamente diverso e nuovo in considerazione dell’entità delle modifiche o della variazione degli standards di cui al d.m. 2 aprile 1968 (Cons. St., V, 1 giugno 2001, n. 2967, FA, 2001, 1543).

Nel concetto di nuova costruzione va assunto anche un progetto comportante aumento della volumetria complessiva dell’edificio a prescindere dall’entità di tale incremento (Cons. St., V, 12 agosto 1998, n. 1255, FA, 1998, 2090).
Si configura come “nuova costruzione” la ristrutturazione, con o senza lavori interni al fabbricato, di un edificio prima adibito a capannone industriale e poi, per effetto della trasformazione, destinato a sede di uffici od attività commerciali oppure a residenza (Cons. St., V, 3 febbraio 1999, n. 98, RG ED, 1999, I, 488).

Ristrutturazione urbanistica
L’intervento di ristrutturazione urbanistica consiste nella sostituzione dell’esistente tessuto urbanistico edilizio con altro diverso mediante un insieme sistematico di interventi edilizi, anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale, con spiccate finalità innovative dell’assetto territoriale preesistente che, tuttavia, non può riguardare immobili singolarmente intesi, bensì complessi edilizi più vasti nell’ottica del perseguimento di un più armonico ed organico riassetto dell’area interessata all’intervento in commento.

La giurisprudenza ha precisato che è inibita nei centri storici dei comuni sprovvisti di piano regolatore, a meno che gli stessi agglomerati, privi di valore storico, artistico, in concreto non esistano più (Cons. St., IV, 22 giugno 2000, n. 3557, FA, 2000, 2148) e che per la configurabilità di un intervento di ristrutturazione urbanistica occorre un complesso di interventi anche modificativi della fisionomia del tessuto urbanistico-edilizio esistente, finalizzati, tuttavia, a reinserire nella moderna vita urbana una zona del territorio comunale più o meno degradata a motivo strutturale-tipologico degli edifici e per la carenza degli essenziali ed elementari standards (TAR Valle d’Aosta, 17 giugno 1989, n. 39, FA, 1990, 975).

giovedì 26 agosto 2010

IPOTESI DI INCOMPATIBLITA' DEL CONS. NATI .


In allegato un estratto del Bilancio 2010 dell'Istituzione Palazzo Rospigliosi. Aldilà di alcune considerazioni di carattere politico in merito al dubbio utilizzo del denaro pubblico (ad es. gli introiti del museo del giocattolo coprono solo il 28,57% dei costi di gestione dello stesso, le sovvenzioni di organi comunali e sovracomunali costituiscono il 65,88 % delle entrate complessive dell'Istituzione, etc.) si evidenzia l'incompatibilità, ai sensi e per effetto del comma 1 dell'art. 63 del D. Lgs. n. 267/2000 (*), fra la carica di consigliere comunale e quella di presidente dell'Istituzione. Nello specifico, si può osservare che i contributi comunali previsti in entrata nel bilancio dell'Istituzione ammontano a 70.000€ mentre le entrate complessive a 337.000€, ovvero la percentuale delle entrate comunali ammontano al 20,7% delle entrate complessive. Ne consegue, dunque, l'incompatibilità fra la carica di presidente dell'Istituzione di Palazzo Rospigliosi con quella di consigliere del comune di Zagarolo.
(*) Il comma 1 dell'art. 63 del D. Lgs. n. 267/2000 dispone che: "non puo' ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale l'amministratore o il dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento di ente, istituto o azienda soggetti a vigilanza, rispettivamente da parte del comune o della provincia o che dagli stessi riceva, in via continuativa, una sovvenzione in tutto o in parte facoltativa, quando la parte facoltativa superi nell'anno il dieci per cento del totale delle entrate dell'ente".

mercoledì 25 agosto 2010

LA CRISI CONIUGALE SENTENZA.16614/2010

La Corte di Cassazione ha stabilito che in caso di separazione personale dei coniugi, la pronuncia di addebito "non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri posti dall’art. 143 c.c.". La norma che tratta dei "Diritti e doveri reciproci dei coniugi" prevede tra le altre cose il dovere reciproco di fedeltà, di assistenza morale e materiale, di collaborazione nell'interesse della famiglia, di coabitazione e di contribuzione ai bisogni della famiglia. Secondo la Corte (sentenza n. 16614/2010) per motivare l'addebito è necessario accertare se tale violazione, "lungi dall’essere intervenuta quando era già maturata e in conseguenza di una situazione di intollerabilità della convivenza, abbia, viceversa, assunto efficacia causale nel determinarsi della crisi del rapporto coniugale". Il problema duque, ancora una volta, è quello di identificare cosa ha realmente deteminato la crisi coniugale, crisi che potebbe preesistere alla violazione di uno dei doveri che discendono dal matrimonio. L’apprezzamento circa la responsabilità di uno o di entrambi i coniugi nel determinarsi della intollerabilità della convivenza - scrive la Corte - "è istituzionalmente riservato al giudice di merito e non può essere censurato in sede di legittimità in presenza di una motivazione congrua e logica".

venerdì 20 agosto 2010

SEGNALA UN PROBLEMA AL SEGRETARIO "LA DESTRA" ZAGAROLO.


ANCORA NESSUNA RISPOSTA!


giovedì 19 agosto 2010

Cassazione: Avvocato sbaglia? Deve risarcire il danno anche se si può rimediare con l'appello

Il fatto che una sentenza sia ricorribile in appello non vale ad escludere la responsabilità professionale dell'avvocato che abbia commesso errori se la sua condotta ha danneggiato il cliente. Gli effetti negativi della negligenza del professionista debbono dunque essere comunque risarciti. Nel caso preso in esame dalla Corte (Sentenza n. 15718/2010) il danneggiato da un incidente stradale aveva perso la possibilità di essere risarcito del danno a causa di un difetto di legittimazione passiva. La sentenza poi era passata in giudicato. I giudici di merito avevano escluso il diritto ad ottenere il risarcimento del danno dall'avvocato ma ora la Corte, accogliendo il ricorso del danneggiato, ha fatto notare che la possibilità di rimediare mediante la proposizione dell'appello non basta di per sè ad escludere che la parte abbia risentito e continui a risentire del danno che è stato conseguenza della negligenza professionale. L'appello - si legge nella parte motiva della sentenza - "protrae la durata e le spese del processo; presenta le incertezze e l'aleatorieta' insite in ogni controversia, sicche' il poter disporre di un solo grado di giudizio per far valere compiutamente le proprie difese costituisce comunque un pregiudizio per la parte". Del resto non è possibile sapere se "l'impugnazione avrebbe consentito alla parte di rimediare per intero ai danni derivanti dalle inadempienze del legale nel giudizio di primo grado".

L'ACCESSO AGLI ATTI AMMINISTRATIVI DEI CONSIGLIERI COMUNALI.

L'accesso agli atti amministrativi dei consiglieri comunali
L’esame della questione di cui all’oggetto comporta l’analisi di una tematica complessa.
Necessita partire dalla constatazione che «La trasparenza» è un principio non solo dell’ordinamento giuridico italiano ma anche europeo. In quest’ultimo se ne parla nella risoluzione n. 81/89 del Consiglio d’Europa nonché «nella dichiarazione sul diritto di accesso» allegata al trattato di Maastricht, ratificato con legge 3 novembre 1992, n. 454. Nel nostro ordinamento la disciplina relativa al diritto di visione degli atti ed all’informazione per l’esercizio del mandato da parte dei consiglieri comunali fu introdotta nel 1985 con l’art. 24 della legge 27 dicembre 1985, n. 816.

Quindi è stata sostituita nel 1990 con la legge 8 giugno 1990, n. 142 (artt. 7 e 31), cui hanno fatto seguito la legge 7 agosto 1990, n. 241 (capo V), ed il D.L.vo 3 febbraio 1993, n. 29 (art. 5, comma 1, lett. c).

L’attuale normativa all’art. 43 del D.L.vo n. 267/2000 prevede che «I consiglieri comunali hanno diritto di ottenere dagli uffici del Comune nonché dalle aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie ed informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato».

La giurisprudenza in materia ha chiarito che:
Finalità
- il diritto di accesso del consigliere comunale non riguarda soltanto le competenze amministrative del Consiglio comunale ma essendo riferito all’espletamento del mandato, investe l’esercizio del munus di cui egli è investito in tutte le sue potenziali implicazioni al fine di una compiuta valutazione della correttezza e dell’efficacia dell’operato dell’Amministrazione comunale (Cons. di Stato, Sez. V, 21/02/94, n.119);
Motivazione della richiesta
- il Consigliere che esercita tale diritto non è tenuto a specificare i motivi della richiesta «né gli organi burocratici hanno dell’Ente hanno titolo per richiederli, perché ,in caso contrario, questi ultimi sarebbero arbitri di stabilire l’estensione del controllo sul loro operato» (Cons. di Stato, Sez. V, 7 maggio 1996, n. 528);
Pertinenza con l’esercizio del mandato
- per documenti pertinenti all’esercizio del mandato si devono intendere quelli idonei a chiarire la correttezza ed efficacia dell’attività dell’Amministrazione, anche riguardo alla sua coerenza con l’indirizzo politico amministrativo approvato, e perciò i documenti recanti notizie e dati sull’andamento dell’attività amministrativa.

Ampiezza del diritto di accesso e riservatezza
- è possibile prendere visione dei provvedimenti adottati dall’Ente e degli atti preparatori in essi richiamati, senza alcuna limitazione derivante dalla loro natura riservata, dal momento che essi pure sono vincolati dal segreto nei casi specificati dalla legge (Cons. di Stato, Sez. V, 20 febbraio 2000, n. 940; Cons. di Stato, Sez. VI, 6 dicembre 1999, n. 2045) fermi restando gli obblighi di tutela del segreto ed i divieti di divulgazione di dati personali stabiliti dalla normativa (Cons. di Stato, Sez. V, 8 settembre 19944, n. 976);

- l’art.2 del regolamento comunale «Sul diritto di accesso agli atti dei consiglieri» (C.C. n. 80/1997) limita la visione e l’accesso a tutti i provvedimenti formali adottati da qualsiasi organo del comune (Consiglio-Giunta- Sindaco-Responsabili degli uffici e servizi).

- Per «documento amministrativo», si intende ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni (es. pareri, relazioni ) o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale (art. 24 legge n. 241/1990).

- La richiesta può riguardare anche atti anteriori all’elezione del consigliere (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez III, n. 2151/1997).

- Non esistono limiti quantitativi agli atti cui si richiede di accedere (Cons. di Stato, Sez. V, sentenza n. 2716 del 4 maggio 2004) salvo il limite della ragionevolezza e proporzionalità meglio specificato sotto.

- Non può subire limitazioni per motivi organizzativi dell’Ente (Cons. di Stato, Sez. V, 22 febbraio 2007, n. 929).

- Non sono consentite richiesta generiche che riguardino intere aree di attività o intere materie poiché non coerenti con i compiti dei consiglieri che non riguarda il controllo specifico ma il controllo politico generale (Cons. di Stato, Sez. V, 28 novembre 2006, n. 6960).
Diritto alle notizie ed all’informazione
- Per informazioni pertinenti all’esercizio del mandato deve intendersi il diritto di visione e l’estrazione di copia dei soli provvedimenti già adottati e non può riguardare la documentazione amministrativa facente parte di carteggi in fase di istruttoria per i quali non sono ancora intervenute determinazioni definitive. Per l’acquisizione di notizie ed informazioni sui procedimenti in itinere i consiglieri debbono avvalersi delle altre facoltà d’interrogazione ed interpellanza riconosciute ai medesimi dalla legge (T.A.R. Marche, n. 1545/2000). Ciò trova fondamento nel principio che sta alla base del diritto di informazione e cioè «la valutazione della correttezza e dell’efficacia dell’operato dell’Amministrazione comunale (Cons. di Stato, Sez. V, 21 febbraio 1994, n. 119)» in quanto per ciò che non è stato ancora fatto operano gli altri istituti dell’interrogazione ed interpellanza.

- Contro tale impostazione (Cons. di Stato, Sez. V, n. 4471/2005) secondo il quale il «diritto all’informazione» del consigliere comunale – oltre ad poter in astratto indirizzarsi verso qualunque documento o atto, pubblico o privato, detenuto dall’amministrazione – può anche concretarsi nella mera richiesta di informazioni non contenute in documenti (che però trova un limite nel segreto d’ufficio).
La giurisprudenza ha ritenuto:

1. inaccessibili «i tabulati telefonici» poiché trattasi di documenti non formati né detenuti dalla P.A. (Cons. di Stato, Sez. V, n. 5190/2000);

2. accessibili anche gli atti concernenti vertenze e pareri legali, non potendosi applicare in via analogica le norme del DPCM 26 gennaio 1996, n. 200, che disciplina l’accesso agli atti dell’Avvocatura dello Stato (Cons. di Stato, Sez. V, sentenza n. 2716 del 4 maggio 2004 e T.A.R. Toscana n. 622/2007). Contro tale impostazione (Cons. di Stato, Sez. V, n. 5105/2000) che ha ritenuto inaccessibili «gli atti dei legali» in quanto il segreto previsto dal DPCM 26 gennaio 1996, n. 200, ha portata generale e come tale è applicabile anche al di fuori dell’ambito della difesa erariale;

3. accessibile anche il «libro giornale di cassa» (T.A.R. Piemonte, n. 3324/2006) il «Piano regolatore generale in corso di elaborazione» (T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, n. 1961/2006);

4. inaccessibili «le richieste di accesso generiche e non determinate o qualora non siano noti gli estremi, almeno degli elementi che consentano l’individuazione dell’oggetto dell’accesso» (Cons. di Stato, Sez. IV, n. 6293/2002);

5. inaccessibili gli atti del protocollo del Comune (T.A.R. Veneto, Sez. I n. 498/1995) / Contra (T.A.R. Milano, Sez. I, n. 1672/2004 e T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, n. 28/2006) secondo cui il registro di protocollo del Comune è accessibile ai consiglieri comunali in quanto può contenere notizie ed informazioni utili all’espletamento del mandato;

6. inaccessibili intere banche dati anagrafiche; accessibili singole cancellazioni o iscrizioni (garante privacy provvedimento del 12 febbraio 2004);

7. che il consigliere comunale non può abusare del diritto all’informazione riconosciutogli dall’ordinamento, piegandone le alte finalità a scopi meramente emulativi od aggravando eccessivamente, con richieste non contenute entro gli immanenti limiti della proporzionalità e della ragionevolezza, la corretta funzionalità amministrativa dell’Ente civico (Cons. di Stato, Sez. V, 2 settembre 2005, n. 4471);

8. è possibile non rilasciare gli atti al consigliere comunale solo in casi eccezionali e contingenti da motivare puntualmente ed adeguatamente e salvo il caso – da dimostrare – che lo stesso agisca per interesse personale (Cons. di Stato, Sez. IV, 21 agosto 2006, n. 4855);

9. infine per quanto riguarda i dati «riservati» il D.L.vo 30 giugno 2003, n. 196, all’art. 59 ne consente l’accesso nei limiti previsti dalla normativa vigente (per gli enti locali art. 43 del D.L.vo n. 267/2000) invece qualora l’accesso riguarda dati «sensibili idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale», il trattamento è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare è di rango almeno pari ai diritti dell’interessato ovvero consiste in un diritto della personalità o in altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile (art. 60 D.L.vo n. 196/2003);

10. sono da ritenere non coerenti con il mandato, richieste di accesso che, per il numero degli atti richiesti (es. 13 atti protocollati in un ristretto numero di giorni) e per l’ampiezza della loro formulazione (richieste riguardanti «aree di attività» o altre genericamente descritte), si traducano in un eccessivo e minuzioso controllo dei singoli atti in possesso degli uffici, infatti siffatte richieste si configurano come forme di controllo specifico, non già inerente alle funzioni di indirizzo e controllo politico amministrativo demandate dalla legge ai consigli comunali (Cons. di Stato, Sez. V, n. 6960/2006);

11. l’esercizio del diritto di accesso deve essere esercitato in modo da arrecare il minore aggravio possibile agli uffici in quanto «è generale dovere della pubblica Amministrazione ispirare la propria attività al principio di economicità che incombe non solo sugli uffici tenuti a provvedere ma anche su soggetti che richiedono prestazioni amministrative i quali se appartenenti alla stessa Amministrazione sono tenuti, in un clima di leale cooperazione a modulare le proprie richieste in modo da contemperare i diversi interessi» (Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi parere del 10 dicembre 2002).

Segreto d'ufficio

L'impiegato deve mantenere il segreto d'ufficio. Non può trasmettere a chi non ne abbia diritto informazioni riguardanti provvedimenti od operazioni amministrative, in corso o concluse, ovvero notizie di cui sia venuto a conoscenza a causa delle sue funzioni, al di fuori delle ipotesi e delle modalità previste dalle norme sul diritto di accesso. Nell'ambito delle proprie attribuzioni, l'impiegato preposto ad un ufficio rilascia copie ed estratti di atti e documenti di ufficio nei casi non vietati dall'ordinamento.

ERA ORA !

In sede di conversione del D.L. n. 78 del 31 maggio 2010 con legge n. 122/2010 (in Gazzetta Ufficiale n. 176 del 30 luglio 2010 – suppl. Ordinario n. 174 ) è stata soppressa l’Agenzia Autonoma per la Gestione dell’Albo dei Segretari Comunali e Provinciali e prevista la successione alla stessa, a titolo universale, del Ministero dell’Interno. Sono, pertanto, decaduti gli organi di gestione (Consiglio di Amministrazione nazionale, Consigli di amministrazione delle sezioni regionali, Presidente, Vice Presidente) e cessati dagli incarichi il Direttore generale ed il Vice Direttore generale.

Il Ministro dell’Interno, nell’ottica di continuità del servizio, con propri decreti ha istituito, nell’ambito del Gabinetto, un’ Unità di Missione presieduta dal Prefetto Umberto Cimmino, al quale è stato anche affidato l’incarico di svolgere le attività dei soppressi organi fino al perfezionamento del processo di riorganizzazione previsto dalla citata legge.

La continuità delle funzioni attribuite all’Agenzia sono garantite, a livello territoriale, dai Prefetti delle province capoluogo di regione, che succedono ai soppressi Consigli di Amministrazione delle sezioni regionali, avvalendosi dei relativi uffici e personale delle sezioni regionali della stessa Agenzia.

lunedì 16 agosto 2010

mercoledì 11 agosto 2010

tasso e tolleranza ZERO per neopatentati ed autisti professionisti

Neopatentati: nel corso dei primi tre anni dal conseguimento della patente di guida - categoria B - il tasso alcolemico viene ridotto in modo draconiano da 0,5 grammi per litro di sangue a ZERO ASSOLUTO.
Ovvio che nel novero di tale categoria rientrino automaticamente tutti i giovani sotto i ventuno anni.
Viene inserito con efficacia immediata (entrata in vigore già avvenuta in data 30 luglio 2010 con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Legge n°120/2010 del giorno 29.07.'10) l'Art. 186-bis Codice Stradale intitolato "Guida sotto l'influenza dell'alcool per conducenti di età inferiore a ventuno anni, neopatentati e per chi esercita professionalmente l'attività di trasporto di persone o di cose".
Pertanto, il divieto assoluto e categorico riguarda anche autotrasportatori (conducenti professionali di mezzi pesanti, autoarticolati ed autosnodati), tassisti, autisti di mezzi di trasporto pubblico e privato: per costoro perdura per tutta la vita lavorativa, che ora arriva all'età di sessantotto anni (prima il limite massimo di età era sessantacinque).
All'Art. 218-bis CdS è stabilito che se si commette una violazione grave che comporti la sospensione della patente, nel primo triennio di guida conseguirà una sanzione accessoria aumentata di un terzo la prima volta, mentre in occasione delle successive infrazioni l'aumento sarà della metà. Viene mantenuta per i piloti neofiti la penalizzazione raddoppiata sui punti-patente. In un'altalena di bastone e carota, i neopatentati vengono, però, premiati se nel medesimo triennio non commettono infrazioni: in tal caso, viene attribuito loro un punto all'anno. Pleonastico soggiungere che le sanzioni irrogabili sono pesantissime e diversificate anche in relazione alla guida alterata dall'assunzione di droghe. Da ricordare, infine, che per i neopatentati resta confermato il divieto di oltrepassare, nell'arco del primo triennio di guida, il limite di velocità dei 100 kmh in autostrada e dei 90 kmh in superstrada. Chiarissimo il messaggio: o guidi o bevi! Temo che ci si dovrà astenere financo dai Mon Chéri, la pralina della Ferrero con la ciliegia annegata all'interno che ha il 13% di liquore, e dalle torte inzuppate nel liquore. Il legislatore cambierà l'arte pasticciera? La zuppa inglese ce la passano? L'alchermes quanto alza?Mettiamo che io abbia vent'anni (per gamba più una giunta di altri sette, ma si fa per esemplificare) ed ordini al ristorante una pastiera napoletana: dalle mie parti non la sanno fare, dalle mie parti non sanno fare nessun dolce, né sanno fare i pasticcini: evitateli. Dalle mie parti non sanno neppure cosa sono. Non è proprio roba per loro. Si danno tante arie, eppure neanche le migliori pasticcerie sono in grado di avvicinarsi ai dolci del Sud. Ma i miei nonni materni erano delle Province di Napoli e di Avellino ed ho avuto modo di apprezzare quei sapori. La ricetta grosso modo è pasta frolla ripiena di grano bollito, ricotta, canditi ed aroma di fiori d'arancio; ora, se nell'impasto 'sti ignoranti mi ci ficcano il liquore, io che colpa ho?! Facciamo scontare l'infrazione al pasticciere incapace!

venerdì 6 agosto 2010

ROTATORIA - EDICOLA VALLE MARTELLA" e gli oscuri ed occulti padroni di Zagarolo" ?

IERI ORE 19,00 INCONTRO CON L'ASS. BONAMOPNETA.
SIAMO IN ATTESA DI INCONTRARE L'ASS. SARACINI.



giovedì 5 agosto 2010

" COMUNICATO" di espulsione.

AL SEGRETARIO REGIONALE ON.VITTORIO MESSA
AL SEGRETARIO PROVINCIALE ON. ROBERTO BUONASORTE
Cari Vittorio e Roberto, con la presente Vi comunico che il direttivo de "LA DESTRA" Zagarolo,nella riunione del 03.08.2010,preso atto della Comunicazione nei confronti del Sig.Novelli Stefano ed in virtù di alcune testimonianze di iscritti al partito,ha deciso l'espulsione dei sigg. NOVELLI Stefano e Cinzia Marchigiani.

domenica 1 agosto 2010

PRECISAZIONI PER GLI AMICI DI ZAGAROLO.

(NOVELLI Stefano- Cinzia Marchigiani- Espulsi dal partito per comportamenti anomali).
CONSIDERATO CHE SI MILLANTANO TITOLI E CIO' METTE IN CATTIVA LUCE IL SEGRETARIO PROVINCIALE E' DOVEROSO PRECISARE, CHE CON L'ELEZIONE DEL SEGRETARIO PROVINCIALE SONO STATI NOMINATI I DELEGATI CHE PARTECIPERANNO AL CONGRESSO REGIONALE.
NELLE MORE DI QUANTO SOPRA, L'ON. BUONASORTE HA INDIVIDUATO I DELEGATI,I QUALI,AVRANNO IL COMPITO DI ELEGGERE IL SEGRETARIO REGIONALE.
LE PERSONE CHE SONO STATE CANDIDATE ALLE REGIONALI,SICURAMENTE MERITANO,PERTANTO OGNI ALTRA ILLAZIONE DEVE CONSIDERARSI NULLA.

IL SEGRETARIO POLITICO
LA DESTRA ZAGAROLO
Cav Mario Procaccini.

STORACE DENUNCIA FINI !

“Camerati contro”: Storace denuncia Fini per la casa di Montecarlo

Francesco Storace e Gianfranco Fini nel 2005
Prima alleati, ora nemici. Sembrano passati anni-luce da quando Francesco Storace e Gianfranco Fini condividevano la tessera da “camerata” nell’Msi e oggi il leader de La Destra spara a zero sul presidente della Camera: “L’ho denunciato per truffa aggravata”. La vicenda che ha fatto infuriare Storace è quella della casa di Montecarlo in cui abita Giancarlo Tulliani, fratello della compagna di Fini.
La storia dell’appartamento di Montecarlo è stata tirata fuori dal Giornale di Feltri: la contessa Anna Maria Colleoni aveva lasciato l’immobile in eredità ad Alleanza Nazionale. A distanza di anni, però, l’appartamento è finito ad un “parente” dell’ex leader di An.
Fini si è trincerato dietro un rigido silenzio, evitando di fornire spiegazioni sulla vicenda: questo ha dapprima fatto infuriare Storace (“mancano trasparenza e chiarezza, sembra la P4″), che è successivamente passato alle vie legali. Due esponenti de La Destra, Roberto Buonasorte e Marco Di Andrea, hanno infatti presentato una denuncia contro ignoti per truffa aggravata.
Infatti secondo una delle ultime rivelazioni del Giornale, la casa è stata ceduta con modalità “oscure”, tramite società off-shore e conti segreti.