domenica 31 ottobre 2010

L.R. 08 Novembre 2004, n. 12 "URBANISTICA"

L.R. 08 Novembre 2004, n. 12
Disposizioni in materia di definizione di illeciti edilizi (1)

SOMMARIO


Art. 1 - Oggetto e ambito di applicazione
Art. 2 - Opere abusive suscettibili di sanatoria
Art. 3 - Cause ostative alla sanatoria edilizia
Art. 4 - Domanda del titolo abilitativo edilizio in sanatoria
Art. 5 - Verifica della regolarità della domanda del titolo abilitativo edilizio in
sanatoria
Art. 6 - Procedimento istruttorio e determinazione sulla domanda
Art. 7 - Oblazione e oneri concessori
Art. 8 - (Vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia e Osservatorio regionale sull’abusivismo edilizio)
Art. 9 - Recupero urbanistico dell’abusivismo edilizio e modifiche alla legge
regionale 2 maggio 1980, n. 28 e successive modifiche
Art. 10 - Domande di concessione del titolo abilitativo edilizio in sanatoria
presentate anteriormente alla data di entrata in vigore della presente
legge
Art. 11 - Disposizioni finanziarie
Art. 12 - Entrata in vigore

ALLEGATO A - Misura dell'oblazione incrementata del 10%
ALLEGATO B - Misura dell'anticipazione degli oneri di concessione

Art. 1
(Oggetto e ambito di applicazione)

1. La presente legge detta disposizioni ai fini dell’attuazione, nell’ambito del territorio regionale, della sanatoria degli abusi edilizi prevista dall’articolo 32 del decreto legge 30 settembre 2003 n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici) convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, come ulteriormente modificato dalla legge 24 dicembre 2003, n.350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004) e dal decreto legge 12 luglio 2004, n. 168 (Interventi urgenti per il contenimento della spesa pubblica) convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191.

2. La disciplina sostanziale e procedurale prevista dal citato articolo 32 e dai relativi allegati del d.l. 269/2003 e successive modifiche si applica, in quanto compatibile con la presente legge, alla sanatoria di cui al comma 1.
Art. 2
(Opere abusive suscettibili di sanatoria)

1. Sono suscettibili di sanatoria, purché siano state ultimate ai sensi dell’articolo 31, secondo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) e successive modifiche, entro il 31 marzo 2003, le seguenti opere abusive:
a) opere realizzate in assenza del o in difformità dal titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici approvati o adottati al 31 marzo 2003, che non abbiano comportato un ampliamento del manufatto superiore al venti per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, superiore a 200 metri cubi;
b) opere di nuova costruzione a destinazione esclusivamente residenziale realizzate in assenza del o in difformità dal titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici approvati o adottati al 31 marzo 2003 che:
1) non abbiano comportato la realizzazione di un volume superiore a 450 metri cubi per singola domanda di titolo abilitativo edilizio in sanatoria a condizione che la nuova costruzione non superi, nel suo complesso, 900 metri cubi, nel caso in cui si tratti di unità immobiliare adibita a prima casa di abitazione del richiedente nel comune di residenza;
2) non abbiano comportato la realizzazione di un volume superiore a 300 metri cubi per singola domanda di titolo abilitativo edilizio in sanatoria a condizione che la nuova costruzione non superi, nel suo complesso, 600 metri cubi, nel caso in cui non si tratti di unità immobiliare adibita a prima casa di abitazione del richiedente nel comune di residenza;
c) opere con specifica destinazione d’uso, risultante da atto d’obbligo, a centri che perseguono, senza scopo di lucro, finalità sociali di assistenza e cura a persone disagiate, realizzate in assenza del o in difformità dal titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici approvati o adottati al 31 marzo 2003, che non abbiano comportato un ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, superiore a 750 metri cubi;
d) opere realizzate in assenza del o in difformità dal titolo abilitativo edilizio ma conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici approvati o adottati alla data del 31 marzo 2003, nel rispetto dei limiti massimi di cubatura previsti dall’articolo 32, comma 25, del d.l. 269/2003 e successive modifiche;
e) opere di ristrutturazione edilizia come definite dall’articolo 3, comma 1, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) modificato dal decreto legislativo 27 dicembre 2002, n. 301, realizzate in assenza del o in difformità dal titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, approvati o adottati, eseguite all’interno della sagoma originaria del fabbricato entro e fuori terra, anche con aumento della superficie utile lorda; limitatamente alle opere di ristrutturazione edilizia degli immobili ad uso commerciale l’eventuale ampliamento della superficie utile lorda non può superare il 20 per cento della superficie utile lorda originaria e, comunque, i 200 metri quadrati;
f) opere di restauro e risanamento conservativo come definite dall’articolo 3, comma 1, lettera c), del d.p.r. 380/2001, realizzate in assenza del o in difformità dal titolo abilitativo edilizio nelle zone omogenee A di cui all’articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765);
g) opere di restauro e risanamento conservativo come definite dall’articolo 3, comma 1, lettera c), del d.p.r. 380/2001, realizzate in assenza del o in difformità dal titolo abilitativo edilizio;
h) opere di manutenzione straordinaria, come definite dall’articolo 3, comma 1, lettera b), del d.p.r. 380/2001, realizzate in assenza del o in difformità dal titolo abilitativo edilizio; opere o modalità di esecuzione non valutabili in termini di superficie o di volume.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 trovano applicazione anche nel caso di annullamento del titolo abilitativo edilizio.

Art. 3
(Cause ostative alla sanatoria edilizia)

1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 32, comma 27, del d.l. 269/2003 e successive modifiche, dall’articolo 32 della l. 47/1985, come da ultimo modificato dall’articolo 32, comma 43, del citato d.l. 269/2003, nonché dall’articolo 33 della l. 47/1985, non sono comunque suscettibili di sanatoria:
a) le opere di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), b), c), d), ed e), realizzate su aree appartenenti al demanio dello Stato, della Regione e degli enti locali ovvero realizzate da terzi su aree di proprietà dei suddetti enti;
b) le opere di cui all’articolo 2, comma 1, realizzate, anche prima della apposizione del vincolo, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela dei monumenti naturali, dei siti di importanza comunitaria e delle zone a protezione speciale, non ricadenti all’interno dei piani urbanistici attuativi vigenti, nonché a tutela dei parchi e delle aree naturali protette nazionali, regionali e provinciali; (2)
c) il cambio di destinazione ad uso non residenziale che interessi una superficie originariamente destinata a parcheggio anche pertinenziale, realizzato anche ai sensi della legge 24 marzo 1989, n. 122 (Disposizioni in materia di parcheggi, programma triennale per le aree urbane maggiormente popolate nonché modificazioni di alcune norme del testo unico sulla disciplina della circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393), qualora non sia dimostrato il reperimento della medesima quantità di superficie da destinare a parcheggio.


Art. 4
(Domanda del titolo abilitativo edilizio in sanatoria)

1. La domanda del titolo abilitativo edilizio in sanatoria è presentata, a pena di decadenza, entro il 10 dicembre 2004, utilizzando il modello di cui all’allegato 1 all’articolo 32 del d.l. 269/2003 e successive modifiche.
2. La domanda, così come ogni successiva integrazione o comunicazione, può essere presentata direttamente al comune competente, o inviata, nei comuni che lo consentano, per via telematica ovvero inviata con raccomandata; in quest’ultimo caso si considera presentata il giorno della consegna al servizio postale.
3. La domanda va corredata con la seguente documentazione:
a) attestazione del pagamento dell’anticipazione dell’oblazione e degli oneri concessori ai sensi dell’articolo 7, comma 2;
b) dichiarazione del richiedente, resa ai sensi dell’articolo 47, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa), dalla quale risulti la descrizione delle opere per le quali si richiede il titolo abilitativo edilizio in sanatoria e lo stato dei lavori relativo, con allegata documentazione fotografica;
c) perizia giurata sulle dimensioni e sullo stato delle opere e certificazione redatta da un tecnico abilitato all’esercizio della professione attestante l’idoneità statica delle opere eseguite, qualora l’opera per cui si richiede il titolo in sanatoria presenti un volume complessivo superiore ai 300 metri cubi, ovvero costituisca un edificio autonomo di volume complessivo eccedente i 120 metri cubi;
d) certificato di residenza e dichiarazione del richiedente, resa ai sensi dell’articolo 47, comma 1, del d.p.r. 445/2000, comprovante che si tratta di unità immobiliare adibita, alla data del 31 marzo 2003, a prima casa di abitazione nel comune di residenza e che il richiedente stesso non risulti proprietario di altro immobile ad uso residenziale nel territorio del comune stesso, nel caso di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b), numero 1);
e) atto d’obbligo, da trascriversi a cura del richiedente, previo assenso del proprietario dell’immobile, dal quale risulti la destinazione d’uso, per un periodo di 15 anni dalla data della domanda del titolo abilitativo edilizio in sanatoria, a centro che persegue, senza scopo di lucro, finalità sociali di assistenza e cura a persone disagiate, nel caso di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c).



Art. 5
(Verifica della regolarità della domanda del titolo abilitativo edilizio in sanatoria)

1. Il comune verifica la completezza della documentazione allegata alla domanda del titolo abilitativo edilizio in sanatoria e, se del caso, invita l’interessato ad integrarla entro un congruo termine, non inferiore comunque a trenta giorni.
2. Qualora il comune accerti che i pagamenti di cui all’articolo 4, comma 3, lettera a), siano stati eseguiti in misura insufficiente, ne dà comunicazione all’interessato indicando, con provvedimento motivato, l’importo ritenuto dovuto e la differenza da versare. La eventuale ulteriore somma richiesta dal comune deve essere versata entro il termine perentorio di sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione.
3. L’omesso versamento delle somme di cui all’articolo 4, comma 3, lettera a), ovvero il mancato pagamento, entro il termine stabilito, della ulteriore somma richiesta dal comune ai sensi del comma 2 del presente articolo, comportano il non accoglimento della domanda.


Art. 6
(Procedimento istruttorio e determinazione sulla domanda)

1. Il comune verifica la sussistenza dei presupposti per la concessione del titolo abilitativo edilizio in sanatoria, nonché l’assenza delle cause ostative previste dall’articolo 3 e può, a tal fine, richiedere per iscritto all’interessato ogni opportuno chiarimento, assegnando un congruo termine, non inferiore ai trenta giorni, per comunicare le informazioni richieste.
2. Qualora, al termine dell’istruttoria, il comune determini che il titolo abilitativo edilizio in sanatoria non può essere concesso, ne dà comunicazione all’interessato con provvedimento motivato. In tal caso, l’interessato può formulare le proprie osservazioni, a pena di decadenza, entro il termine di sessanta giorni.
3. La presentazione della domanda e della relativa documentazione, il pagamento degli oneri concessori e dell’oblazione, la presentazione delle denunce di cui all’articolo 32, comma 37, del d.l. 269/2003 e successive modifiche, con le modalità e nei termini previsti dalla normativa vigente, nonché la mancata adozione di un provvedimento negativo del comune entro i trentasei mesi dalla data di scadenza del versamento della terza rata relativa agli oneri concessori prevista dall’ articolo 7, comma 2, lettera b), numero 2), equivalgono a titolo abilitativo edilizio in sanatoria. (3)
4. Il termine stabilito dal comma 3 resta sospeso nelle ipotesi previste dall’articolo 5, commi 1 e 2, nonché dal comma 1 del presente articolo, per tutto il periodo decorrente dal ricevimento della comunicazione del comune e fino alla scadenza del termine dato all’interessato per i relativi adempimenti.
Art. 7
(Oblazione e oneri concessori)

1. Per la concessione del titolo abilitativo edilizio in sanatoria:
a) gli importi dell’oblazione stabiliti dall’articolo 32, comma 33, del d.l. 269/2003 e successive modifiche, sono aumentati del 10 per cento, secondo quanto indicato dall’allegato A alla presente legge, fatta eccezione per le opere abusive relative ai centri che perseguono, senza scopo di lucro, finalità sociali di assistenza e cura a persone disagiate;
b) gli importi degli oneri di concessione, calcolati ai sensi della normativa vigente, sono aumentati, fatta eccezione per le opere abusive relative alla prima casa di abitazione nel comune di residenza e ai centri che perseguono, senza scopo di lucro, finalità sociali di assistenza e cura a persone disagiate:
1) del 100 per cento in relazione a nuove costruzioni e ampliamenti;
2) del 50 per cento in relazione a ristrutturazioni e modifiche della destinazione d’uso e ad opere realizzate in assenza del o in difformità dal titolo edilizio abilitativo, ma conformi agli strumenti urbanistici.
2. L’oblazione e gli oneri concessori sono versati in tre rate, la prima delle quali è corrisposta, entro la data di presentazione della domanda di cui all’articolo 4, a titolo di anticipazione, nella misura del 30 per cento, calcolata in base a quanto indicato, rispettivamente, nell’allegato A e nell’allegato B alla presente legge e ferme restando le misure minime previste dall’articolo 32 del d.l. 269/2003 e successive modifiche e dai relativi allegati. Le rimanenti rate sono versate per importi uguali entro le seguenti scadenze:
a) per l’oblazione:
1) seconda rata entro il 20 dicembre 2004;
2) terza rata entro il 30 dicembre 2004;
b) per gli oneri concessori:
1) seconda rata entro il 31 ottobre 2005;(4)
2) terza rata entro il 2 maggio 2006.(5)
3. Senza pregiudizio di quanto di pertinenza dello Stato ai sensi dell’articolo 32 del d.l. 269/2003 e successive modifiche:
a) l’eccedenza degli importi dell’oblazione determinata ai sensi del comma 1, lettera a), è versata direttamente alla Regione;
b) gli importi degli oneri concessori nella misura determinata ai sensi del comma 1, lettera b), sono versati interamente ai comuni competenti.



Art. 8 (6)
(Vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia e Osservatorio regionale sull’abusivismo edilizio)



Art. 9
(Recupero urbanistico dell’abusivismo edilizio e modifiche alla legge regionale 2 maggio 1980, n. 28 e successive modifiche)

1. In attuazione di quanto previsto dall’articolo 29 della l. 47/1985, come modificato dall’articolo 32, comma 42, del d.l. 269/2003 e successive modifiche, i comuni interessati da insediamenti edilizi abusivi provvedono, entro il 30 giugno 2007, al loro recupero urbanistico attraverso apposite varianti speciali, ai sensi della legge regionale 2 maggio 1980, n. 28 (Norme concernenti l’abusivismo edilizio ed il recupero dei nuclei edilizi sorti spontaneamente), capi I e II, come modificata, da ultimo, dal presente articolo, le cui proposte possono essere presentate sia da soggetti pubblici che privati.
2. Nel caso di nuclei edilizi abusivi perimetrati, il recupero urbanistico provvede, tra l’altro, a conferire agli insediamenti:
a) un razionale inserimento territoriale e urbano, in particolare delle infrastrutture viarie e di trasporto;
b) un’adeguata urbanizzazione primaria e secondaria;
c) la disciplina per l’edilizia esistente e il suo eventuale completamento, nel rispetto degli interessi e dei vincoli di carattere storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale e idrogeologico.
3. Al secondo comma dell’articolo 6 bis della l.r. 28/1980, da ultimo modificato dalla legge regionale 17 dicembre 1996, n.58, le parole da: “omissis" a: “omissis” sono sostituite dalle seguenti: “omissis”.
4. All’articolo 15 della l.r. 28/1980:
a) al primo comma le parole da: “omissis” a: “omissis” sono sostituite dalle seguenti: “omissis”;
b) al secondo comma le parole da: “omissis” a: “omissis.” sono sostituite dalle seguenti: “omissis”.


Art. 10
(Domande di concessione del titolo abilitativo edilizio in sanatoria presentate anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge)

1. Le domande di concessione del titolo abilitativo edilizio in sanatoria presentate ai comuni competenti ai sensi dell’articolo 32 del d.l. 269/2003 e successive modifiche antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge, qualora non sia stata comunicata rinuncia nei termini previsti dal comma 3, sono valide ed efficaci ai fini della legge stessa.
2. La differenza tra le somme già corrisposte dall’interessato in applicazione delle disposizioni dell’articolo 32 del d.l. 269/2003 e successive modifiche e gli importi dovuti in applicazione della presente legge, va versata, a pena del non accoglimento della domanda, entro il 10 dicembre 2004. Entro la medesima data vanno inoltre presentate al comune le integrazioni documentali conseguenti all’applicazione della presente legge.
3. Coloro che hanno presentato la domanda di concessione del titolo abilitativo edilizio in sanatoria antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge hanno facoltà di rinunciarvi, entro il 30 novembre 2004, mediante comunicazione scritta inviata con raccomandata al comune di competenza. In caso di successiva presentazione di una nuova domanda, in conformità alle disposizioni della presente legge, le somme già corrisposte in occasione della domanda originaria vanno a scomputo di quanto dovuto in applicazione della legge stessa; per le eventuali relative integrazioni si applicano le disposizioni del primo periodo del comma 2.

Art. 11(7)
(Disposizioni finanziarie)

1. Ai fini dell’attuazione di quanto previsto dall’articolo 8, nel bilancio regionale per l’esercizio finanziario 2004 è istituito “per memoria” apposito capitolo denominato “Fondo regionale per la vigilanza e il monitoraggio sull’abusivismo edilizio”, in cui confluiscono le somme di spettanza della Regione ai sensi dell’articolo 7, comma 3, lettera a).


Art. 12
(Entrata in vigore)

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio.

ALLEGATO A
MISURA DELL'OBLAZIONE INCREMENTATA DEL 10%

Tipologia dell'abuso
Misura
dell'oblazione
euro/mq
Immobili non
residenziali
Misura
dell'oblazione
euro/mq
Immobili non
residenziali
destinati a
centri che
perseguono,
senza scopo di lucro, finalità sociali
di assistenza e
cura a persone
disagiate
Misura dell'oblazione
euro/mq
Immobili residenziali
1 - Opere realizzate in assenza del o in difformità dal titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a), b) e c), della presente legge.
165,00
150,00
110,00
2 - Opere realizzate in assenza del o in difformità dal titolo abilitativo edilizio, ma conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici dalla data del 31 marzo
2003 di cui all'articolo 2, comma 1, lettera d),
della presente legge.
110,00
100,00
88,00
3 - Opere di ristrutturazione edilizia realizzate in assenza del o in difformità dal titolo abilitativo edilizio non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici di cui all'articolo 2, comma 1, lettera e), della presente legge.
88,00
80,00
66,00
(segue tabella A)
Tipologia dell'abuso
Misura dell'oblazione
Forfait
Misura
dell'oblazione
Forfait
Immobili non
residenziali
destinati a
centri che
perseguono,
senza scopo di lucro, finalità sociali
di assistenza
e cura a
persone
disagiate
4 - Opere di restauro e risanamento conservativo realizzate in
assenza del o in difformità dal titolo abilitativo edilizio, nelle
zone omogenee A previste dall'articolo 2 del decreto
ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, di cui all'articolo 2,
comma 1, lettera f), della presente legge
3.850,00
3.500,00
5 - Opere di restauro e risanamento conservativo realizzate in
assenza del o in difformità dal titolo abilitativo edilizio di cui
all'articolo 2, comma 1, lettera g), della presente legge
1.870,00
1700,00
6 - Opere di manutenzione straordinaria realizzate in assenza
del o in difformità dal titolo abilitativo edilizio; opere o modalità
di esecuzione non valutabili in termini di superficie o di
volume di cui all'articolo 2, comma 1, lettera h), della
presente legge
567,60
516,00



ALLEGATO B

MISURA DELL’ANTICIPAZIONE DEGLI ONERI DI CONCESSIONE
Numero abitanti
Nuove costruzioni, ampliamenti
(euro/mq)
Nuove costruzioni e ampliamenti di immobili residenziali utilizzati come prima casa e di immobili destinati a centri che perseguono, senza scopo di lucro, finalità sociali di assistenza e cura a persone disagiate
(euro/mq)
Ristrutturazioni di immobili residenziali utilizzati come prima casa e di immobili destinati a centri che perseguono, senza scopo di lucro, finalità sociali e di assistenza e cura a persone disagiate

(euro/mq)
Ristrutturazioni e modifiche della destinazione d’uso con o senza aumento della superficie utile lorda (SUL) e opere realizzate in assenza del o difformità dal titolo abilitativo ma conformi agli strumenti urbanistici
(euro/mq)
Fino a 10.000
76,00
38,00
18,00
27,00
Da 10.001 a 100.000
110,00
55,00
27,00
40,50
Da 100.001 a 300.000
142,00
71,00
36,00
54,00
Oltre 300.001
178,00
89,00
45,00
67,50



Note:


(1) Pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio del 10 novembre 2004, n. 31, s.o. n. 5
(2) Lettera sostituita dall'articolo 35 della legge regionale 9 dicembre 2004, n. 18
(3) Comma modificato dall'articolo 1 della legge regionale 3 ottobre 2005, n. 17
(4) Numero modificato dall'articolo 2, comma 1 della legge regionale 3 ottobre 2005, n. 17
(5) Numero modificato dall'articolo 2, comma 2 della legge regionale 3 ottobre 2005, n. 17
(6) Articolo sostituito dall'articolo 3 della legge regionale 3 ottobre 2005, n. 17 e poi abrogato dall'articolo 37, comma 1, lettera d), della legge regionale 11 agosto 2008, n. 15
(7) Articolo modificato dall'articolo 4 della legge regionale 3 ottobre 2005, n. 17
Il testo non ha valore legale; rimane, dunque, inalterata l'efficacia degli atti legislativi originari

UNA DELLE TANTE MIE PROPOSTE PER VALLE MARTELLA E COLLI.

VECCHIA MOZIONE.

PROPOSTA DI DELIBERAZIONE
AI SENSI ARTT. 28 e 29 DEL REGOLAMENTO DEL CONSIGLIO COMUNALE

PREMESSO CHE la Provincia di Roma intende realizzare un corridoio di mobilità lungo la via Casilina, finalizzato a creare un collegamento veloce tra San Cesareo e la Stazione di Pantano Borghese;

CONSIDERATO CHE il corridoio di mobilità verrebbe ricavato a ridosso della Casilina la quale risulta già fortemente compromessa dal gran numero di fabbricati, costruiti nei pressi della stessa, nonché dall’elevato numero di attraversamenti che, nei fatti, rendono difficilmente praticabile il progetto in questione;

ATTESO CHE i Sindaci dei comuni di San Cesareo Pietro Panzironi, di Montecompatri Marco De Carolis e di Colonna Augusto Cappellini hanno firmato un documento congiunto, diretto al Presidente della Provincia di Roma On. Nicola Zingaretti, facendo emergere le numerose inefficienze e criticità a cui il progetto si presta sia da un punto di vista tecnico che per le inevitabili conseguenze di rilievo amministrativo a cui si esporrebbe la Provincia ove, lo stesso, si portasse a compimento;

VISTO CHE il dibattito sulla realizzazione del progetto provinciale è tuttora aperto ad eventuali soluzioni alternative, sia di carattere tecnico che amministrativo, in quanto è tuttora pendente, nel merito, il ricorso amministrativo presentato dal comune di San Cesareo al TAR del Lazio diversamente da quanto sommariamente dichiarato dal Sindaco Daniele Leodori a mezzo stampa;

RILEVATO CHE la realizzazione del progetto in parola andrebbe a sovraccaricare una arteria già ampiamente servita da mezzi di trasporto, a discapito della via Prenestina che, snodandosi parallelamente alla via Casilina, si presta ad un utilizzo più efficiente per gli obiettivi richiamati in premessa;

RITENUTO CHE lo sfruttamento della via Prenestina consentirebbe di traguardare gli obiettivi della Provincia di Roma, apportando indiscutibili benefici agli abitanti del centro storico di Zagarolo e, soprattutto, a quelli della trascurata frazione di Valle Martella e dei colli adiacenti. Peraltro ciò consentirebbe al Comune di Zagarolo di porsi quale comune capofila di un ambizioso progetto finalizzato ad intensificare i collegamenti viari extraurbani fra i numerosi comuni posti nell’area ad est di Roma, attualmente sprovvisti di efficienti collegamenti con la Stazione di Pantano Borghese.

TUTTO CIO’ PREMESSO, lo scrivente, ai sensi degli artt. 28 e 29 del Regolamento del Consiglio Comunale sottopone alla giunta la seguente

PROPOSTA DI DELIBERAZIONE
1) sostenere, con un proprio autorevole intervento presso le competenti sedi, la richiesta formulata dallo scrivente, affinché possa essere presa in considerazione l’arteria della via Prenestina quale possibile alternativa al progetto della Provincia di Roma imperniato sullo sfruttamento delle poche aree disponibili ex Cotral poste a ridosso della via Casilina;
2) di dare atto che l’attuazione di predetto progetto comporterebbe enormi benefici ai cittadini di Zagarolo, residenti presso la frazione di Valle Martella ed aree limitrofe, attualmente mal collegati con la stazione di Pantano Borghese. Eleverebbe inoltre il rango del comune di Zagarolo a snodo primario dell’intera provincia di Roma, determinando un indotto economico di indiscutibile vantaggio per i locali operatori economici;
3) di dare atto altresì che gli indubbi benefici sopra esposti, di cui la comunità zagarolese beneficerebbe, qualora non venissero condivisi dall’Amministrazione comunale, determinerebbero un ulteriore ed indubbio vantaggio a favore del Comune di San Cesareo, come peraltro già accaduto in passato con la gravosa perdita della zona industriale.
Cons Mario Procaccini

sabato 30 ottobre 2010

COS'E' L'INDEGNITA' A SUCCEDERE!

Che cos'è l'indegnità a succedere ed in quali ipotesi si prefigura?
L'indegnità costituisce lo strumento predisposto dal legislatore per rimuovere un soggetto dall'eredità o dal legato a causa della sua condotta riprovevole nei confronti del defunto, e trae propriamente fondamento dalla ripugnanza sociale a consentire che chi abbia gravemente offeso la persona del de cius o la sua libertà testamentaria possa trarre profitto dall'eredità dell'offeso.

L'indegnità viene considerata come sanzione civile per l'atto illecito posto in essere, ed operando quale causa di esclusione dalla successione spiega i suoi effetti solo dal momento della pronuncia del giudice.
I casi di indegnità sono riconducibili ad attentati alla persona fisica del testatore, attentati alla sua integrità morale ed alla libertà di testare, e vengono tassativamente elencati dall'art. 463 c.c., che qualifica indegno:

chi ha volontariamente ucciso o tentato di uccidere la persona della cui successione si tratta, o il coniuge, o un discendente, o un ascendente della medesima, purché non ricorra alcuna delle cause che escludono la punibilità a norma della legge penale;
chi ha commesso, in danno di una tali persone, un fatto al quale la legge penale dichiara applicabili le disposizioni sull'omicidio;
chi ha denunziato una di tali persone per reato punibile con l'ergastolo o con la reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a tre anni, se la denunzia è stata dichiarata calunniosamente in un giudizio penale; ovvero ha testimoniato contro le persone medesime imputate dei predetti reati, se la testimonianza è stata dichiarata nei confronti di lui, falsa in giudizio penale;
chi ha indotto con violenza o dolo la persona, della cui successione si tratta, a fare, revocare o mutare testamento o l'ha impedita;
chi ha soppresso, celato o alterato il testamento dal quale la successione sarebbe stata regolata;
chi ha formato un testamento falso o ne ha fatto scientemente uso.

martedì 26 ottobre 2010

SECONDO INCONTRO UFFICIALE CON IL SINDACO PANICCIA.

Secondo incontro oggi con il sindaco di Zagarolo Paniccia, confermando la sua posizione, espressa nella precedente riunione, di incontrare La DESTRA a cadenza mensile per discutere dei problemi territoriali. Fermo restando la massima disponibilità offertaci dal Sindaco a cercare la miglior soluzione sui vari problemi .........in discussione. il primo problema affrontato dove, chiedevamo di semplificare e far conoscere a tutti l'iter burocratico per il RILASCIO SANATORIE - LICENZE EDILIZIE -
PIANO CASA - NULLA OSTA VINCOLI. Dalla riunione è emerso che il Sindaco si è impegnato per iscritto ad indire una assemblea pubblica con i vari tecnici, operatori del settore, della zona e forze politiche per approfondire il problema CASA. Noi del LA DESTRA ci siamo impegnati per tale evento di far intervenire il Presidente della commissione urbanistica della Regione Lazio.
Resp. LA DESTRA VALLE MARTELLA Fabrizi Aldo
Seg. Pol. Procaccini Mario

domenica 24 ottobre 2010

Zagarolo"PORTA-PORTA" CHE ?



http://lexambiente.it/elettrosmog/55/6653-elettrosmog-regolamento-comunale.html

giovedì 21 ottobre 2010

URBANISTICA CONSIGLIO DI STATO

Cons. Stato Sez. IV sent. 6784 del 2 novembre 2009
Urbanistica. Inammissibilità sanatoria giurisprudenziale o impropria

L’art.36 T.U. edilizia in quanto norma derogatoria al principio per il quale i lavori realizzati sine titulo sono sottoposti alle prescritte misure ripristinatorie e sanzionatorie, non è suscettibile di applicazione analogica né di una interpretazione riduttiva, secondo cui, in contrasto con il suo tenore letterale, basterebbe la conformità delle opere con il piano regolatore vigente al momento in cui sia definita la istanza di sanatoria. Pertanto la sanabilità postula la conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della sua realizzazione sia a quella in vigore alla data della presentazione della domanda.
N. 06784/2009 REG.DEC.

N. 03853/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 3853 del 2009, proposto da:
Magnini Beatrice, rappresentato e difeso dagli avv. Franco B. Campagni, Roberto Righi, con domicilio eletto presso R. Righi in Roma, via G. Carducci, 4; Magnini Alessandro, rappresentato e difeso dagli avv. Franco B. Campagni, Roberto Righi, con domicilio eletto presso Roberto Righi in Roma, via G.Carducci, 4;

contro

Comune di Vaiano, rappresentato e difeso dall'avv. Guido Giovannelli, con domicilio eletto presso Gian Marco Studio Grez in Roma, corso V.Emanuele II, N.18; Agenzia del Territorio-Direz.Reg.Toscana Uff. Prov. Prato, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Gen.Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi 12;

nei confronti di

Pini Maurizio, Mariani Franco, rappresentati e difesi dagli avv. Luciano Barletta, Giammaria Camici, con domicilio eletto presso Giammaria Camici in Roma, via Monte Zebio 30;

per la riforma

della sentenza del TAR TOSCANA - FIRENZE :Sezione III n. 00429/2009, resa tra le parti, concernente IRROGAZIONE SANZIONE PER OPERE DI RISTRUTTURAZIONE ESEGUITE IN ASSENZA DIA.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2009 il dott. Sergio De Felice e uditi per le parti gli avvocati Campagni, l'avv. Righi, L'avv. Giovannelli, L'avv. dello Stato Grumetto e l'avv. Barletta.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana gli attuali appellanti impugnavano una serie di atti (ordinanza del comune di Vaiano di irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria per opere di ristrutturazione edilizia non ripristinabili in assenza di denuncia di inizio attività notificata il 6 ottobre 2008 e controdeduzioni alla memoria di intervento nel medesimo procedimento sanzionatorio; archiviazione della pratica edilizia n.121 del 2006 e n.122 del 2006; stima del 13 giugno 2006 della Agenzia del Territorio; diniego del comune di Vaiano del 16 novembre 2007 sulla pratica edilizia n.177 del 2007; diniego di rimborso del comune di Vaiano del 26 marzo 2008 sulla istanza del 26.2.2008) a mezzo del ricorso originario e di due ricorsi per motivi aggiunti.

Il Tribunale adito in parte respingeva il ricorso ritenendo infondate in parte le doglianze prospettate in quella sede e in parte dichiarava la inammissibilità dei proposti motivi.

Con l’atto di appello vengono proposti i seguenti motivi di censura.

Con il primo motivo di appello (pagine 16, 17, 18 e 19) gli appellanti Magnini lamentano che il primo giudice abbia ritenuto erroneamente tardiva la istanza di accertamento di conformità in sanatoria da essi avanzata, violando l’art. 140 della l.r. 1/2005 che consentirebbe di proporre la istanza fino alla notifica della ingiunzione di pagamento delle sanzioni amministrative di cui all’art. 2 r.d.639 del 1910, nella specie non emessa né notificata.

Con altro motivo di appello gli appellanti lamentano la erroneità della sentenza, che ha omesso di pronunciare sulla illegittimità del comune di Vaiano, che ha ritenuto che la sanatoria edilizia dell’art. 36 DPR 380 del 2001 e dell’art. 140 l.r.T. 1/2005, richiedendo la c.d. doppia conformità, non poteva essere rilasciata per mancanza della conformità urbanistica al momento della realizzazione delle opere.

Secondo gli appellanti, dovendo valutarsi la conformità alla data di presentazione della istanza (10 agosto 2007) e al momento di adozione del provvedimento negativo da parte del Comune (7 novembre 2007) lo strumento urbanistico rilevante per valutare la ammissibilità era il regolamento urbanistico, che consente per gli edifici di interesse storico architettonico (quale il Complesso Le Casacce) la ristrutturazione edilizia.

Conseguentemente, secondo l’appello, sino alla integrale corresponsione della sanzione pecuniaria e anche successivamente vi è interesse alla concessione in sanatoria e essa non poteva essere negata in presenza della conformità urbanistica al momento dell’esame della domanda da parte del Comune.

Con altro motivo di appello si contesta la qualificazione di “ristrutturazione edilizia” attribuita all’intervento, che invece consisterebbe in intervento di manutenzione ordinaria e straordinaria (demolizione e sostituzione di pavimenti, rimozione di intonaci, nuove aperture interne, tamponamento di porte interne, demolizione di parapetto, sostituzione di pavimenti) nonché di restauro e risanamento conservativo (realizzazione di servizio igienico, impianti termici); nella definizione di risanamento conservativo rientrerebbe anche il mutamento di destinazione di uso dell’immobile.

Il diniego della istanza di sanatoria ha pertanto omesso di valutare la reale portata e tipologia delle opere realizzate, sulla base della situazione dei luoghi, nonché non tenendo in considerazione il fatto che da tempo il complesso edilizio aveva destinazione civile e non costituiva più un fabbricato rurale.

Secondo la prospettazione dell’atto di appello le misure di salvaguardia hanno efficacia limitata nel tempo (nella specie fino al marzo 2005, tre anni dalla data di adozione, secondo la normativa regionale), sicchè le opere, in corso di esecuzione alla data del 22 dicembre 2005 (secondo gli accertamenti della Polizia Municipale), sono state effettuate quando oramai le norme di salvaguardia erano decadute ed era vigente il nuovo regolamento urbanistico che consente per l’immobile in questione interventi fino alla ristrutturazione edilizia.

Con ulteriori motivi di appello (pagina 32, pagina 33, pagine 34 e seguenti dell’appello) si lamenta la illegittimità dell’operato del comune: a) riguardo all’epoca dei lavori e al periodo di realizzazione dell’opera contestata; b) circa la mancanza del parere della Commissione Edilizia; c) circa la consistenza e natura dell’intervento, da intendersi risanamento conservativo e non ristrutturazione edilizia.

Con altro motivo di appello (pagine 38 e seguenti) si deduce la violazione dei principi in tema di onere della prova nei giudizi, in quanto il primo giudice avrebbe posto a fondamento della sua decisione sulla consistenza effettiva dei lavori solo gli atti provenienti dalla amministrazione comunale, mentre avrebbe omesso di considerare la documentazione agli atti, tra cui la perizia della CTU in altro giudizio, dalla quale emergerebbe che il solaio intermedio era già esistente.

Con altro motivo di appello si deduce la erroneità della sentenza, nel punto in cui ha concluso per la mancata dimostrazione dell’interesse dei ricorrenti alla applicazione della misura ripristinatoria in luogo della misura pecuniaria, in quanto è invece evidente che la prima avrebbe comportato una spesa di importo ben inferiore alla somma dovuta di euro 486.000.000, pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’intero immobile.

Con altro motivo di appello, gli appellanti deducono che la stima dell’aumento del valore dell’immobile conseguente alla realizzazione delle opere contestate avrebbe dovuto essere determinata in base ai criteri posti dall’art. 33 DPR 380 del 2001 che detta i principi fondamentali ai quali le Regioni debbono adeguarsi, anziché sulla base dell’art. 134 l.r.Toscana n.1 del 2005.

Con altro motivo di appello si contesta la stima effettuata sotto altro profilo e cioè riguardo all’effettivo ampliamento della superficie, che non è di mq.78, ma, come risulta dall’accertamento della Polizia Municipale di Vaiano e dalla CTU menzionata a firma dell’ing. Leggeri, l’edificio ha la superficie di mq.211 e quindi una inalterata consistenza rispetto allo stato originario.

Con altro motivo di censura gli appellanti lamentano la ingiustizia della sentenza e la illegittimità della attività comunale, che ha omesso di irrogare la sanzione pecuniaria anche agli esecutori delle opere abusive, signori Pini Maurizio e Mariani Franco.

Con gli ultimi motivi di appello si deduce la violazione del dovere di comunicare l’avvio del procedimento sanzionatorio, nonché la illegittimità del diniego di rimborso.

Si è costituito il Comune di Vaiano, deducendo la legittimità del suo operato, la inammissibilità e infondatezza dell’appello.

Si è costituita l’Agenzia del Territorio chiedendo il rigetto dell’appello perché infondato.

Si sono costituiti i signori Pini e Mariani chiedendo rigettarsi l’appello perché infondato.

Alla udienza pubblica del 6 ottobre 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.Con l’atto di appello vengono proposti i seguenti motivi di censura.

Con il primo motivo di appello (pagine 16, 17, 18 e 19) gli appellanti Magnini lamentano che il primo giudice abbia ritenuto erroneamente tardiva la istanza di accertamento di conformità in sanatoria da essi avanzata, violando l’art. 140 della l.r. 1/2005 che consentirebbe di proporre la istanza fino alla notifica della ingiunzione di pagamento delle sanzioni amministrative di cui all’art. 2 r.d.639 del 1910, nella specie non emessa né notificata.

Il motivo è infondato.

Il giudice di prime cure ha correttamente ragionato nel senso che è tardiva la richiesta avanzata, perché presentata successivamente al parziale pagamento della sanzione irrogata per gli abusi che si era richiesto di sanare.

L’articolo 14 della legge regionale toscana n. 1 del 2005 stabilisce che l’avente titolo può ottenere la attestazione di conformità fino alla “irrogazione” della sanzione amministrativa, dovendosi intendere avvenuta la preclusione anche a seguito dell’inizio della fase esecutiva, consistente nel pagamento parziale.

La esistenza del provvedimento sanzionatorio non impedisce la sanatoria solo laddove lo stesso non sia ancora stato eseguito o qualora non sia stata ancora iniziata la procedura di riscossione coattiva, mentre nella specie gli appellanti hanno dato parzialmente attuazione e esecuzione alla ordinanza-ingiunzione ancora prima di avanzare la istanza di cui all’art. 140 su menzionato.

Gli appellanti hanno concordato il piano di rateizzazione e quindi corrisposto l’importo della prima rata ancora prima della presentazione della istanza.

Occorre osservare inoltre da parte di questo giudicante che, come eccepito dal Comune appellato, il provvedimento di diniego di sanatoria era retto da due motivi distinti: la insussistenza del requisito del doppia conformità richiesto dall’art. 140 l.r.n.1 e la insussistenza del requisito relativo alla effettiva possibilità di presentazione della istanza.

Con i motivi aggiunti al ricorso principale gli attuali appellanti non avevano dedotto alcunché avverso la prima statuizione negativa (il requisito mancante della doppia conformità).

Il PRG del Comune di Vaiano vigente al momento dell’abuso ammetteva come massimo intervento la ristrutturazione edilizia D1 di cui all’allegato A della legge regionale Toscana n.59 del 1980, nel cui novero sono compresi gli interventi di ristrutturazione edilizia a condizione che gli stessi non comportino alterazione dei volumi o superfici, né modifiche agli elementi strutturali, ai caratteri architettonici e decorativi dell’edificio e agli elementi di arredo urbano.

Sono (erano) vietati quindi gli interventi di ristrutturazione edilizia come quelli in questione, che hanno determinato un passaggio da un edificio rurale a uno residenziale nonché un aumento significativo di superficie e volumi, creazione di nuovi vani, la completa alterazione dei caratteri strutturali e architettonici del complesso colonico per effetto della modifica delle aperture dei prospetti, la totale modifica dei tratti distintivi dell’area pertinenziale all’esito di lavori di sbancamento, scavo, livellamento, aggiunta di plurimi elementi di arredo e così via.

Vale inoltre la considerazione per cui allorchè sia controversa la legittimità di un provvedimento fondato su una pluralità di ragioni di diritto tra loro indipendenti, l’accertamento dell’ “inattaccabilità” anche di uno solo di esse vale a sorreggere il provvedimento stesso, sì che diventano, in sede processuale, inammissibili per carenza di interesse le doglianze fatte valere avverso le restanti ragioni (così, Cons. Stato, IV, 6.11.2008, n.5503).

Nella specie la sanzione pecuniaria è stata irrogata con ordinanza notificata ai signori Magnini in data 6 ottobre 2006; il Comune di Vaiano ha richiesto il pagamento della sanzione irrogata il successivo 6.7.2007 avvisando i trasgressori della possibilità di rateizzare l’importo; i signori Magnini hanno presentato istanza in tal senso chiedendo la ripartizione del pagamento in rate trimestrali; l’amministrazione ha accolto la richiesta stilando un piano di rateizzazione in otto rate trimestrali di importo pari a euro 65.162,91 oltre accessori; in data 19.7.2007 i Magnini hanno provveduto al pagamento della prima rata; in data 10.8.2007 hanno presentato istanza di attestazione di conformità in sanatoria.

Gli appellanti hanno, con il primo motivo di appello, lamentato la ingiustizia della sentenza, che ha dichiarato inammissibile il primo motivo di ricorso per motivi aggiunti, avendo accertato la legittimità del diniego in relazione alla istanza tardivamente presentata: secondo i primo giudici non poteva in alcun caso applicarsi il meccanismo della c.d. sanatoria giurisprudenziale con esito favorevole, in quanto la istanza era stata tardivamente proposta.

Il primo motivo di ricorso va rigettato in quanto la istanza era tardiva e tale considerazione è assorbente ai fini del rigetto della maggior parte dei motivi di appello, ritenendo il Collegio di dover esaminare, per completezza, anche gli altri motivi.

2.Con l’appello si sostiene non solo che la istanza era tempestiva e quindi da esaminare, ma anche che sussistevano i presupposti per la doppia conformità.

In relazione a tale proposizione il Comune appellato eccepisce la inammissibilità del primo motivo di appello, nella parte in cui mira a contestare un provvedimento divenuto definitivo, oltre che a introdurre domande nuove in appello, contro il principio di cui all’art. 345 c.p.c..

L’appello lamenta la erroneità della sentenza, anche perchè ha omesso di pronunciare sulla illegittimità del comune di Vaiano, che ha ritenuto che la sanatoria edilizia dell’art. 36 DPR 380 del 2001 e dell’art. 140 l.r.T. 1/2005, richiedendo la c.d. doppia conformità, non poteva essere rilasciata per mancanza della conformità urbanistica al momento della realizzazione delle opere.

Secondo gli appellanti, dovendo valutarsi la conformità alla data di presentazione della istanza (10 agosto 2007) e al momento di adozione del provvedimento negativo da parte del Comune (7 novembre 2007) lo strumento urbanistico rilevante per valutare la ammissibilità era il regolamento urbanistico, che consente per gli edifici di interesse storico architettonico (quale il Complesso Le Casacce) la ristrutturazione edilizia.

Conseguentemente, secondo l’appello, sino alla integrale corresponsione della sanzione pecuniaria e anche successivamente vi è interesse alla concessione in sanatoria e essa non poteva essere negata in presenza della conformità urbanistica al momento dell’esame della domanda da parte del Comune.

Il motivo è infondato, valendo al contrario il principio opposto rispetto a quello invocato.

In sede di esame della richiesta di concessione edilizia in sanatoria, non è possibile applicare la cosiddetta sanatoria giurisprudenziale che, infatti, come spesso accade per gli istituti di ispirazione pretoria, non ha trovato conferma nella recente legislazione, la quale invece prevede il presupposto della c.d. doppia conformità non essendo stato recepito nell’art. 36 T.U. edilizia l’auspicio in tal senso della Adunanza Generale del Consiglio di Stato. Deve ritenersi quindi che allo stato attuale per ottenere una concessione edilizia in sanatoria sia necessaria la c.d. doppia conformità e cioè occorra dimostrare che l’opera abusiva è conforme non solo alla disciplina urbanistica vigente alla data in cui viene richiesta ma anche a quella vigente all’atto della realizzazione dell’opera (così, Consiglio di Stato, IV, 17.9.2007, n.4838).

L’art. 13 della legge 47 del 1985 (ora art. 36 T.U. edilizia) in quanto norma derogatoria al principio per il quale i lavori realizzati sine titulo sono sottoposti alle prescritte misure ripristinatorie e sanzionatorie, non è suscettibile di applicazione analogica né di una interpretazione riduttiva, secondo cui, in contrasto con il suo tenore letterale, basterebbe la conformità delle opere con il piano regolatore vigente al momento in cui sia definita la istanza di sanatoria.

Pertanto la sanabilità postula la conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della sua realizzazione sia a quella in vigore alla data della presentazione della domanda.

Nella specie le opere realizzate abusivamente non risultavano comunque neppure conformi allo strumento urbanistico vigente alla sola data di presentazione della istanza di attestazione di conformità (cioè al 18.7.2007).

D’altronde, attesa la natura degli interventi, definiti consistenti e che non possono essere qualificati minimali e non alterativi dello stato dei luoghi e del valore agro-ambientale-insediativo (così la Sezione nelle ordinanze in sede cautelare), non può ritenersi che sussistesse tale conformità, sia pure limitata alla data di presentazione della istanza di attestazione di conformità (18.7.2007), in quanto in relazione alla strada nella quale è ubicato l’immobile in questione (Via Bronia), tramite un rinvio dell’art. 35.1, comma quarto del R.U. del Comune di Vaiano all’art. 24, settimo comma lettera a), vale la regola per cui per la classe R1 gli interventi di ristrutturazione edilizia dovranno essere eseguiti nel rispetto delle caratteristiche tipologiche, formali e strutturali dell’organismo edilizio esistente, con l’impiego di appropriate caratteristiche costruttive che garantiscano la salvaguardia degli elementi architettonici e decorativi caratterizzanti l’edificio.

Pertanto, le opere abusive realizzate non erano conformi neppure allo strumento urbanistico vigente alla data di presentazione della istanza di attestazione in conformità, perché realizzate contro il disposto di cui agli articolo 35.1, quarto comma e 24 settimo comma lettera a) del R.U. del Comune di Vaiano, applicabile a tale data.

Allo stesso modo è infondata la censura di appello con la quale si lamenta la mancata applicazione del’art. 33 Regolamento edilizio che contempla la sanatoria amministrativa, poiché non sussistevano i presupposti, essendo la istanza stata presentata dopo i termini per la richiesta di sanatoria.

3.Con altro motivo di appello si contesta la qualificazione di “ristrutturazione edilizia” attribuita all’intervento, che invece consisterebbe in un lieve intervento di manutenzione ordinaria e straordinaria (demolizione e sostituzione di pavimenti, rimozione di intonaci, nuove aperture interne, tamponamento di porte interne, demolizione di parapetto, sostituzione di pavimenti) nonché di restauro e risanamento conservativo (realizzazione di servizio igienico, impianti termici); nella definizione di risanamento conservativo rientrerebbe anche il mutamento di destinazione di uso dell’immobile.

Il diniego della istanza di sanatoria, secondo l’appello, avrebbe pertanto omesso di valutare la reale portata e tipologia delle opere realizzate, sulla base della situazione dei luoghi, nonché non tenendo in considerazione il fatto che da tempo il complesso edilizio aveva destinazione civile e non costituiva più un fabbricato rurale.

Secondo la prospettazione dell’atto di appello le misure di salvaguardia hanno efficacia limitata nel tempo (nella specie fino al marzo 2005, tre anni dalla data di adozione, secondo la normativa regionale), sicchè le opere, in corso di esecuzione alla data del 22 dicembre 2005 (secondo gli accertamenti della Polizia Municipale) sono state effettuate quando oramai le norme di salvaguardia erano decadute ed era vigente il nuovo regolamento urbanistico, che consente per l’immobile in questione interventi fino alla ristrutturazione edilizia.

Il motivo è infondato.

La doppia conformità di un intervento edilizio deve essere verificata anche in relazione agli strumenti urbanistici soltanto adottati e non ancora approvati, sia alla data di esecuzione delle opere che a quella della presentazione della domanda.

Come ammettono i medesimi appellanti il Piano Strutturale del Comune di Vaiano era stato adottato e non ancora approvato alla data di realizzazione degli abusi e consentiva sul complesso immobiliare di loro proprietà soltanto gli interventi fino al restauro e risanamento conservativo.

Le opere abusivamente realizzate, in quanto qualificabili come ristrutturazione edilizia, non erano ammesse al momento della loro realizzazione.

In ordine poi alla affermazione dei signori Magnini che negano che i fabbricati in questione avessero destinazione rurale e alla asserita mancanza del cambio di destinazione di uso, deve rilevarsi che la precedente destinazione a pollaio del piano terreno dell’edificio “A” risulta inequivocabilmente dalle stesse dichiarazioni espresse circa la destinazione dei locali dagli odierni appellanti nella pratica edilizia n.136 del 2002.

E’ errata altresì la pretesa appellante di ritenere decadute le misure di salvaguardia del Piano Strutturale alla data del 22.12.2005, perché sarebbero state vigenti dal 27.3.2002 al 27.3.2005.

Il piano strutturale è stato adottato con delibera consiliare n.22 del 27.3.2002 e approvato con successiva delibera consiliare n.17 del 15.4.2004.

Poiché tale piano era stato adottato e approvato prima della entrata in vigore della legge regionale n.1 del 2005, non potevano trovare applicazione le norme richiamate ma quelle della L.R. 1 del 2005, che sanciva un regime quinquennale di operatività delle salvaguardie ordinarie e uno triennale ma decorrente dalla data di approvazione del P.S. di operatività delle salvaguardie speciali, entrambe pienamente efficaci alla data di esecuzione delle opere abusive contestate.

Inoltre l’art. 50 del P.S. del Comune di Vaiano stabiliva espressamente che le misure di salvaguardia dal medesimo previste dovevano avere efficacia sino alla approvazione del R.U. e comunque non oltre tre anni dalla data di approvazione (non di adozione) del Piano Strutturale e quindi comunque fino al 15 aprile 2007.

Va respinta anche ogni doglianza che – a parte la valutazione della eccezione di inammissibilità per carenza di interesse, attesa la contrarietà urbanistica in ogni momento rilevante - contesta una ipotetica omissione di istruttoria e motivazione della sentenza impugnata, circa il periodo temporale di realizzazione delle opere abusive, che invece è ben individuato dalla data di presentazione della variante finale relativa alla DIA per il rifacimento del tetto, 28 maggio 2002, alla data del sopralluogo, 22.12.2005.

4.Con ulteriori motivi di appello (pagina 32, pagina 33, pagine 34 e seguenti dell’appello) si lamenta la illegittimità dell’operato del comune: a) riguardo all’epoca dei lavori e al periodo di realizzazione dell’opera contestata; b) circa la mancanza del parere della Commissione Edilizia; c) circa la consistenza e natura dell’intervento, da intendersi risanamento conservativo e non ristrutturazione edilizia.

Premesso che i motivi riguardanti l’epoca di realizzazione dei lavori e la consistenza e natura dell’intervento – in realtà ristrutturazione edilizia e non mero risanamento conservativo – sono stati ampiamente affrontati e rigettati in precedenza, va per completezza esaminata la censura consistente nella mancanza acquisizione del parere della Commissione Edilizia.

A parte i rilievi di inammissibilità del riproposto motivo, il Collegio osserva che il parere della richiamata Commissione (di istituzione facoltativa) era previsto dal regolamento edilizio comunale unicamente per i procedimenti ordinari e non anche per quelli di sanatoria edilizia.

Si ritiene inoltre che nel procedimento di rilascio della concessione edilizia in sanatoria il parere della Commissione edilizia comunale considerata la mancanza di espressa previsione normativa e la specialità del procedimento deve essere considerato facoltativo (così, Cons. Stato, V, 8.5.2007).

Vale in ogni caso il principio per cui attesa la difformità dalle misure di salvaguardia degli interventi abusivi, il provvedimento ancorchè in teoria privo del parere della Commissione edilizia, non potrebbe o avrebbe potuto avere un contenuto diverso rispetto a quello in concreto adottato.

E’ da rigettare anche ogni doglianza con la quale gli appellanti sostengono che dalle consulenze in atti sarebbe emerso quanto segue: assenza di incremento superficiale; che l’edificio non avrebbe mai mutato la sua destinazione d’uso non essendo mai stato adibito a pollaio; che tutti gli interventi avrebbero dovuto essere qualificati come di manutenzione ordinaria o restauro conservativo e che solo su parte del fabbricato sui era concretizzata una ristrutturazione edilizia.

Il giudice di primo grado ha puntualmente elencato le opere effettuate: in particolare per l’edificio principale “A” costituente nuova abitazione colonica, esse sono consistite nella realizzazione di un nuovo vano e di nuove aperture interne, nella trasformazione in civile abitazione costituente autonoma unità immobiliare composta da cucina, bagno e ripostiglio, di vecchi locali destinati a pollaio-ripostiglio, in modifiche di prospetti esterni, nella realizzazione di nuova apertura esterna in corrispondenza del nuovo locale bagno ubicato al piano terreno, in nuove aperture interne e di chiusura di altre, nella realizzazione di apertura sul solaio tra i piani terra e primo; per l’edificio C denominato ex fienile sono stati accertati il cambio di destinazione in civile abitazione composta da cucina soggiorno, 2 bagni, camera e sala, modifiche dei prospetti, la demolizione del solaio e la sua sostituzione con uno nuovo, posizionato a una quota inferiore, così da ottenere due piani fruibili, la creazione di un nuovo vano adibito a bagno, di nuove tramezzature interne e di varie aperture esterne.

Sono stati effettuati interventi che incrementano la superficie utile, modificano la distribuzione della superficie interna, incidono sul preesistente carico urbanistico (edifici A e C).

Dagli atti risultava che la attuale destinazione dell’edificio A è residenziale mentre prima una stanza risultava a pollaio, mentre per l’edificio C il piano terreno era fienile (pratica edilizia 201 del 1999).

Tali interventi, mutando le aperture dei due edifici e in parte la destinazione di uso degli stessi non si limitano all’inserimento di nuovi elementi accessori propri del risanamento conservativo, che presuppone la conservazione di tipologia, forma e struttura, ma si sono sostanziati in una vera e propria ristrutturazione edilizia, cioè in lavori che danno vita a organismi edilizi in parte diversi da quelli originari, con parziale cambio di destinazione di uso.

Mentre il risanamento e il restauro hanno la finalità di rinnovare l’edificio in modo sistematico e globale ma tale finalità va perseguita nel rispetto dei suoli elementi essenziali dal punto di vista tipologico, formale e strutturale, la ristrutturazione edilizia (di tipo invasivo) riguarda le opere rivolte a creare un organismo in tutto o in parte diverso da quello oggetto di intervento.

5.Con altro motivo di appello (pagine 38 e seguenti) si deduce la violazione dei principi in tema di onere della prova nei giudizi, dell’obbligo di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, del principio dispositivo, in quanto il primo giudice avrebbe posto a fondamento della sua decisione sulla consistenza effettiva dei lavori solo gli atti provenienti dalla amministrazione comunale, mentre avrebbe omesso di considerare la documentazione agli atti, tra cui la perizia della CTU in altro giudizio, dalla quale emergerebbe che il solaio intermedio era già esistente.

I motivi sono infondati, essendo invece chiaro ed evidente che – in disparte il principio del libero apprezzamento del giudice delle risultanze tecniche, oltre alla osservazione che tali perizie tecniche sono state espresse in altri giudizi, definiti in diverse giurisdizioni e soprattutto in assenza del contraddittorio con le parti avversarie nel giudizio in questione - il primo giudice ha adeguatamente motivato, rappresentando i motivi per i quali riteneva di dovere accogliere le osservazioni della amministrazione nella relazione tecnica di replica alla CTU richiamata da parte appellante, redatta dall’Ing. Leggeri, né gli appellanti hanno fornito prove sufficienti a smentire le risultanze ricavabili dagli elaborati di cui alle pregresse pratiche edilizie.

Vale inoltre il principio secondo cui il Giudice amministrativo non è affatto obbligato ad accogliere la istanza di consulenza tecnica di ufficio avanzata né deve tanto meno spiegare le ragioni per le quali sulla base del suo libero convincimento ritiene che dagli atti di causa siano ad esso offerti elementi sufficienti per decidere “causa cognita” sulla questione sottoposta al suo esame.

6.Con altro motivo di appello si deduce la erroneità della sentenza, nel punto in cui ha concluso per la mancata dimostrazione dell’interesse dei ricorrenti alla applicazione della misura ripristinatoria in luogo della misura pecuniaria, in quanto è invece evidente che la prima avrebbe comportato una spesa di importo ben inferiore alla somma dovuta di euro 486.000.000, pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’intero immobile.

Sostengono gli appellanti che avrebbe dovuto essere ad essi applicato l’art. 132 della legge regionale Toscana n.1 del 2005, che prevede in caso di esecuzione di opere abusive la irrogazione della sanzione demolitoria e non quella pecuniaria, prevista dall’art. 134 soltanto nella ipotesi alternativa alla demolizione nel caso in cui le opere non siano ripristinabili.

Secondo la tesi di parte appellante essi avrebbero potuto abbattere le sole parti abusive e ciò sarebbe stato più conveniente della disposta sanzione pecuniaria.

Il motivo è infondato.

Il giudice di primo grado ha condivisibilmente osservato che in generale gli effetti della sanzione demolitoria sono più gravi degli effetti della sanzione pecuniaria; nel caso specifico, inoltre, i ricorrenti non avevano provato in alcun modo che la demolizione sarebbe stata per loro più conveniente del pagamento richiesto.

Allo stesso modo, con l’appello, gli appellanti si limitano a riferire che la sanzione pecuniaria avrebbe potuto essere più conveniente, senza nulla addurre in relazione alla rimozione degli abusi, alla ripristinabilità di interventi che in un tutt’uno non possono essere eliminati senza pregiudicare la parte intera.

Vale inoltre la considerazione che l’art. 134 l.r. 1/2005 sanziona con la sanzione pecuniaria proprio tutti gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’art. 79 comma secondo lettera d, e quindi anche quelli comportanti un mutamento parziale di destinazione di uso.

In ordine alla asserita ripristinabilità delle opere, il giudice di prime cure ha osservato come la amministrazione comunale abbia compiuto tale valutazione, precisando che la demolizione delle opere abusive non sia possibile in quanto le stesse sono completamente integrate con quelle legittime.

Tale valutazione di tipo tecnico è rimessa alla discrezionalità dell’amministrazione comunale, è limitatamente sindacabile e nella specie non appare né illogica, né irragionevole in rapporto alla incisività degli interventi sanzionati (in tal senso, sul principio generale del sindacato limitato, Cons. Stato, VI, 8.11.2000; nella specie, ordinanza n.392 del 3.7.2007, sezione quarta).

7.Con altro motivo di appello, gli appellanti deducono che la stima dell’aumento del valore dell’immobile conseguente alla realizzazione delle opere contestate avrebbe dovuto essere determinata in base ai criteri posti dall’art. 33 DPR 380 del 2001 che detta i principi fondamentali ai quali le Regioni debbono adeguarsi, anziché sulla base dell’art. 134 l.r.Toscana n.1 del 2005.

Il primo giudice avrebbe omesso di ravvisare la non manifesta infondatezza della censura di incostituzionalità in riferimento all’art. 117 Cost. , avendo una legge regionale previsto una disciplina configgente con i principi fondamentali dettati dal testo Unico Edilizia in una materia di legislazione concorrente.

Il motivo è del tutto infondato.

L’art. 134 l.r. ha rispettato il principio dettato dalla normativa statale a norma del quale il parametro da porre a base di calcolo è costituito dall’aumento di valore conseguente alla realizzazione delle opere. Tale valore è stato assunto dalla legge regionale come “fondamento e parametro” della sanzione, stabilita, infatti, in misura pari al doppio, prevedendo poi legittimamente una disciplina di dettaglio difforme da quella di cui al DPR 380 del 2001 in merito “al calcolo” della sanzione.

Il meccanismo matematico utilizzato per il calcolo della sanzione non è un principio fondamentale riservato alla legislazione statale, ma è un aspetto rientrante nella potestà legislativa regionale a norma dell’art. 117 terzo comma Costituzione.

Correttamente il primo giudice ha rigettato la censura con la quale si lamentava l’utilizzo quale metodo di stima dell’aumento di valore del metodo sintetico comparativo, che prende a riferimento il prezzo di mercato di immobili simili a quello considerato, anziché il metodo di cui alla legge 392 del 1978, richiamato dal solo DPR 380 del 2001.

Il primo giudice ha considerato che la legge regionale non prevede alcun richiamo alla legge n.392 del 1978 e che, nel silenzio della legge, il metodo basato sul valore di mercato della zona non solo è logico, ma costituisce il più attendibile ed autorevole parametro di raffronto per la determinazione del valore venale cui fa riferimento il legislatore (così anche Consiglio Stato, V, 25.11.1988, n.729).

E’ da rigettare anche la doglianza con la quale si lamenta erroneità dei calcoli effettuati in quanto questi, come chiarito dalla Agenzia del Territorio di Prato, sono stati effettuati facendo riferimento allo stato di conservazione dell’immobile, tenendo conto del fatto che “una considerevole consistenza del corpo A e parte del corpo C risultano in uno stato di manutenzione definito tecnicamente al grezzo”.

8.Con altro motivo di appello si contesta la stima effettuata sotto altro profilo e cioè riguardo all’effettivo ampliamento della superficie. Secondo l’appello, come risulta dall’accertamento della Polizia Municipale di Vaiano e dalla CTU menzionata a firma dell’ing. Leggeri, l’edificio avrebbe la superficie di mq.211 e quindi vi sarebbe una inalterata consistenza rispetto allo stato originario.

Il motivo è del tutto infondato.

Come rilevato dal primo giudice, la stima della Agenzia del territorio è stata effettuata sulla base dello stato di fatto risultante dalle planimetrie allegate alla pratica edilizia n.201 del 1999, mai in realtà contestate da controparte. Tali atti indicano in mq. 161 la consistenza dell’immobile preesistente alle opere abusive, mentre ora gli appellanti affermano che la superficie originaria dell’immobile sarebbe di mq. 211.

Inoltre, sia il verbale di sopralluogo della Polizia Municipale che la comunicazione di avvio del procedimento, contengono un esplicito riferimento alla costruzione di un nuovo solaio al posto del preesistente collocato ad una quota inferiore rispetto a prima, in quanto posizione idonea a ottenere due piani in luogo di uno solo.

La accertata creazione di un nuovo piano abitabile rende evidente l’ampliamento della superficie residenziale, alla quale si aggiunge la realizzazione di un nuovo vano ottenuto con scavo esterno al perimetro dell’edificio.

9.Con altro motivo di censura gli appellanti lamentano la ingiustizia della sentenza e la illegittimità della attività comunale, che ha omesso di irrogare la sanzione pecuniaria anche agli esecutori delle opere abusive, signori Pini Maurizio e Mariani Franco.

Anche tale motivo è infondato.

L’accertamento condotto sulla circostanza della assenza e del non reperimento in cantiere al momento del sopralluogo rende legittimo il procedimento nel quale i soggetti invocati dagli appellanti quali esecutori delle opere abusive (Pini e Mariani) non sono stati coinvolti.

Dalla documentazione in atti si evinceva soltanto che i due signori invocati avevano realizzato lavori di intonacatura, restauro e stuccatura, consentiti in quanto rientranti nella manutenzione ordinaria.

I signori menzionati Pini e Mariani hanno effettuato lavori legittimi di manutenzione ordinaria, mentre il signor Dreni è risultato l’esecutore materiale delle opere abusive di ristrutturazione edilizia.

In ogni caso, a parte la sua infondatezza, il motivo che si rifà alla mancata notificazione a eventuali corresponsabili non è in grado di inficiare la legittimità della ordinanza

10.Con gli ultimi motivi di appello si deduce la violazione del dovere di comunicare l’avvio del procedimento sanzionatorio, nonché la illegittimità del diniego di rimborso.

Il motivo relativo alla partecipazione è infondato, in quanto se è vero che la presentazione della domanda di sanatoria preclude la adozione di misure repressive fino alla conclusione del procedimento così instaurato, una volta definito il procedimento di sanatoria legittimamente l’amministrazione può irrogare sanzioni, dal momento che la circostanza che sia stata richiesta (e non sia stata rilasciata) la attestazione di conformità in sanatoria non rende necessaria la emissione di un nuovo avviso di avvio del procedimento, che risulterebbe funzionale ad assicurare un ulteriore apporto collaborativo del privato che invece ha già svolto le sue difese nella prima fase del procedimento.

Nella specie, alla iniziale comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio per opere di ristrutturazione edilizia non ripristinabili eseguite in assenza di DIA sono seguite le osservazioni degli interessati appellanti odierni.

Deve tenersi presente che a ragione del loro contenuto rigidamente vincolato gli atti sanzionatori in materia edilizia, non preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento, non possono essere annullati se il loro esito sarebbe stato il medesimo.

E’ evidente come conseguenzialità logica della ritenuta legittimità dei provvedimenti sanzionatori, il rigetto del rimborso di quanto asseritamente non dovuto e, invece, per i sopra esposti motivi, dovuto all’amministrazione comunale.

11.Per le considerazioni sopra svolte, l’appello va respinto, con conseguente conferma della impugnata sentenza.

La condanna alle spese del giudizio segue in parte il principio della soccombenza nei confronti del Comune di Vaiano; in parte sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese; le spese sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, sezione Quarta, respinge l'appello e, per l'effetto, conferma la impugnata sentenza.

Condanna parte appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio in favore del Comune di Vaiano, liquidandole in complessivi euro cinquemila. Spese compensate per il resto.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2009 con l'intervento dei Signori:

Gaetano Trotta, Presidente

Giuseppe Romeo, Consigliere

Antonino Anastasi, Consigliere

Sergio De Felice, Consigliere, Estensore

Sandro Aureli, Consigliere

lunedì 18 ottobre 2010

IL CERTIFICATO MEDICO

Cos'è il certificato medico?
Il certificato medico è la testimonianza scritta su fatti e comportamenti tecnicamente apprezzabili e valutabili, la cui dimostrazione può produrre affermazione di particolari diritti soggettivi previsti dalla legge, ovvero determinare particolari conseguenze a carico dell'individuo o della collettività aventi rilevanza giuridica e/o amministrativa.
Cosa significa "certificare"?
I contenuti possibili del certificato medico sono non soltanto le dichiarazioni circa lo stato di salute o di malattia, ma ogni fatto di natura tecnico-sanitaria che il medico ha potuto riscontrare direttamente nell'esercizio della sua professione (ad esempio, la sottoposizione a vaccinazioni, l'idoneità al lavoro, l'idoneità alla pratica sportiva, la salubrità degli ambienti di lavoro, ecc.). Rientrano, così, fra i contenuti possibili della certificazione medica anche fattispecie che non riguardano soltanto la salute o la malattia, ma anche eventi come la nascita o la morte, che il medico è chiamato a constatare di persona.
Quali sono i requisiti "formali" del certificato?
Il certificato deve essere privo di abrasioni e correzioni che possono far sorgere il dubbio di alterazioni o contraffazioni dell'atto. Nel caso di correzioni, devono essere indicate a chiare lettere e controfirmate dall'estensore. Inoltre il certificato deve essere redatto con una grafia chiara e comprensibile che non dia luogo ad equivoci. La terminologia e il significato del certificato deve essere intellegibile e coerente fra quanto constatato e quanto dichiarato nel certificato. La legge prevede una specifica modulistica solo per alcuni tipi di certificati (ad esempio, certificato di malattia per lavoratori privati, certificato di idoneità alla guida, ecc.).
Quali sono i requisiti "sostanziali" del certificato?
Il certificato deve riportare:
- il nome, il cognome, la qualifica ed eventualmente la struttura sanitaria di appartenenza del medico certificatore;
- le generalità del paziente o del richiedente;
- l'oggetto della certificazione (eventuale diagnosi e prognosi). Nel caso di certificato redatto sulla base di referti obiettivi è opportuno citarli;
- il luogo e la data di rilascio;
- la firma del medico.
Cosa significa "veridicità" del certificato?
Il Codice Deontologico impone al medico di redigere il certificato solo con affermazioni che derivano da constatazioni dirette, personalmente effettuate (ad esempio tramite la visita medica), oppure sulla base di documentazione oggettiva (ad esempio sulla base di referti oggettivi). Pertanto al medico non è concesso di redigere un certificato esclusivamente sulla base di quanto gli viene riferito dal paziente o da terzi o su fatti che egli non abbia personalmente constatato, perché questo rappresenta al limite una raccolta anamnestica, insufficiente di per sé a formulare una diagnosi certificabile. E' necessario, quindi, prestare molta attenzione a questi casi, perché è fin troppo facile per il medico esporsi al rischio di certificare qualcosa che in realtà non è veritiero.
Il medico può rifiutarsi di certificare?
Il Codice Deontologico impone al medico di rilasciare al paziente le certificazioni sul suo stato di salute. Ovviamente questo precetto va integrato con quanto detto alla risposta precedente, per cui il medico può e deve rifiutarsi di cerficare fatti che egli non abbia constatato personalmente o che non siano supportati da riscontri oggettivi. Altrettanto ovviamente, il medico deve rifiutarsi di certificare fatti che egli sappia non corrispondenti al vero. Infine il medico deve rifiutarsi di certificare nei casi in cui la legge prevede che il certificato possa essere rilasciato solo da colleghi rivestiti di particolari qualifiche.
Cos'è il reato di "falso materiale" in certificazione medica?
Il reato di "falso materiale" riguarda la parte formale del certificato. Il medico risponde di questo reato quando, nella redazione del certificato, commette alterazioni o contraffazioni mediante cancellature, abrasioni o aggiunte successive, miranti a far apparire adempiute le condizioni richieste per la sua validità. Come per ogni reato, presuppone il dolo, cioè l'intenzionalità.
Cos'è il reato di "falso ideologico" in certificazione medica?
Il reato di "falso ideologico" riguarda la falsa rappresentazione della realtà, cioè l'attestazione per autentici di fatti non rispondenti a verità. Si tratta, quindi, di una certificazione volutamente mendace per fatti o condizioni inesistenti. Come per ogni reato, presuppone il dolo, cioè l'intenzionalità.
Il certificato "erroneo" è un reato?
Se il medico commette un errore nel certificato, ma persuaso di essere nel vero e certificando conformemente alla propria convinzione, non può essere accusato di alcun reato perché in questo caso il certificato non è falso, ma soltanto erroneo. Tuttavia è una situazione che nella realtà può essere difficile da dimostrare.
Cos'è il certificato "compiacente"?
E' il certificato che tende, con terminologia volutamente imprecisa e ambigua, ad alterare una situazione o minimizzandola o rendendola sproporzionata. E' quindi un certificato che non risponde al requisito della veridicità e quindi può integrare gli estremi di reato di falso ideologico. E' irrilevante se questo tipo di certificato sia stato redatto per venire incontro alle esigenze del richiedente. Il medico non deve mai sottrarsi al dovere di attenersi alla veridicità dei fatti.
Il certificato falso può esporre anche al rischio di essere accusati di truffa?
Sì, perché il certificato può determinare la costituzione di diritti in favore del richiedente, con possibili oneri a carico di terzi o a carico dello Stato. Pertanto una falsa certificazione può esporre anche al rischio di essere accusati di truffa.
C'è differenza fra il certificato rilasciato dal medico dipendente pubblico, dal medico convenzionato o dal medico libero professionista?
Dipende dal contesto di riferimento. In linea di principio, ogni medico abilitato all'esercizio della professione e iscritto all'Albo è ugualmente idoneo a rilasciare una certificazione medica. Tuttavia leggi specifiche riservano la potestà certificativa in alcuni casi a medici in possesso di particolari qualifiche (ad esempio per la certificazione di morte, per la guida di autoveicoli, per il porto d'armi, per la sicurezza sul lavoro, per la pratica sportiva, per l'assenza per malattia dei dipendenti pubblici, ecc.). Dal punto di vista giuridico, i certificati rilasciati dai medici dipendenti pubblici sono considerati "atti pubblici", in quanto il medico che li redige ha la funzione di pubblico ufficiale. Invece i certificati rilasciati dai medici convenzionati sono considerati "certificazioni amministrative", in quanto il medico che li redige ha la qualifica di incaricato di pubblico servizio. Infine i certificati rilasciati dai medici liberi professionisti sono considerati "scritture private" in quanto il medico che li redige svolge un servizio di pubblica utilità. Queste differenze hanno rilevanza soprattutto dal punto di vista penale, perché le pene sono più severe per il falso in atto pubblico rispetto alle altre certificazioni.
Cos'è il "certificato storico"?
Il certificato storico è l'attestazione di una situazione che si è già verificata nel passato e che il medico ricostruisce sulla base di documentazione dell'epoca. Si tratta quindi di una certificazione "ora per allora". Questo tipo di certificazione è piuttosto frequente nell'ambito della medicina legale quando il medico svolge una funzione peritale, oppure quando il medico è chiamato a redigere atti aventi finalità assicurativa o previdenziale. Al contrario, un certificato "storico" non ha ragione di essere in altri contesti, come ad esempio per la certificazione di malattia dei lavoratori dipendenti, perché il certificato deve essere contestuale all'accertamento della patologia e recare la stessa data dell'effettuazione della visita. Non è, quindi, consentito certificare "a posteriori": farlo esporrebbe il medico al rischio di essere accusato del reato di falsa certificazione.
Come si tutela la privacy del paziente nel certificato?
Se il certificato è richiesto dal paziente e consegnato a lui direttamente, non si pongono problemi di riservatezza. Viceversa, se il certificato viene consegnato ad una persona diversa dal richiedente, il medico deve acquisire una delega scritta che lo autorizza a rilasciare il certificato nelle mani di un terzo. E' importante ricordare che, comunque, il certificato deve essere consegnato dal medico o da un suo incaricato (ad esempio la segretaria), ma non deve essere lasciato in luoghi dove non si possa essere sicuri che il ritiro venga effettuato dal diretto interessato. Per i certificati di malattia ad uso lavorativo il medico deve evitare di indicare la diagnosi, in quanto il datore di lavoro non è tenuto a conoscerla. Fa eccezione il caso in cui sia lo stesso paziente a richiedere che la diagnosi sia espressamente indicata sul certificato, perché vuole beneficiare di permessi lavorativi speciali che il datore di lavoro può concedere solo previa conoscenza della diagnosi. In questo caso il medico è legittimato ad indicare le informazioni sulla patologia, proprio perché lo stesso paziente glielo ha richiesto.
Considerazioni conclusive
Il medico deve sempre essere consapevole che ogni suo atto, per quanto semplice e apparentemente banale possa essere, è carico di implicazioni giuridiche, amministrative e deontologiche. Quindi deve prestare la massima attenzione ed il massimo scrupolo in ogni momento della propria attività, anche nell'esecuzione di atti spesso banali come la redazione di certificati medici. Che sono molto frequenti e, proprio per questo, è più alto il rischio di disattenzioni o superficialità che però possono avere conseguenze legalmente pesanti.
Cav. Mario Procaccini

domenica 17 ottobre 2010

Urbanistica. Elusione del regime dei titoli abilitativi

Cass. Sez. III n. 34585 del 24 settembre 2010 (Ud. 22 apr. 2010)
Pres. De Maio Est. Fiale Ric. PG in proc. Maccarrone
Urbanistica. Elusione del regime dei titoli abilitativi

Il regime dei titoli abilitativi edilizi non può essere eluso attraverso la suddivisione dell’attività edificatoria finale nelle singole opere che concorrono a realizzarla, astrattamente suscettibili di forme di controllo preventivo più limitate per la loro più modesta incisività sull’assetto territoriale. L’opera deve essere considerata unitariamente nel suo complesso, senza che sia consentito scindere e considerare separatamente i suoi singoli componenti

mercoledì 13 ottobre 2010

SUCCESSIONI E DONAZIONI

Successioni e Donazioni
Per definizione la “donazione” e` un atto di liberalita`, inter vivos, intercorrente tra due soggetti, sulla base del quale, il donante, dispone del suo patrimonio a favore di un beneficiario, donatario, assumendo verso lo stesso delle obbligazioni.
E` essenzialmente un atto spontaneo, nonche` uno strumento giuridico di trasmissione a titolo gratuito, in relazione al quale la liberalita` consiste nell`intento di fare un`attribuzione patrimoniale cui non corrisponde un interesse economico
La ragione giustificatrice di tale attribuzione va ricercata nel cd “animus donandi”ossia la volonta` di donare disinteressatamente, favorendo altri senza alcun tornaconto personale.
Per essere pienamente valida e produrre effetti, la legge richiede che vada fatta per atto pubblico, (rogito notarile) innanzi ad un notaio e alla presenza di due testimoni, pena la nullita`; tuttavia nel caso di donazioni il cui oggetto e` di modico valore, non si richiede l`atto pubblico, ma la sua validita` si attesta nel momento in cui il bene stesso sia stato accettato dal beneficiario.
Il fenomeno, in questione, acquista dei particolari connotati, nel caso in cui gli interessati sono coniugi o, comunque soggetti prossimi ala matrimonio.
Superando l`ostacolo, in passato imposto dall`articolo 781del cc, che vietava le donazioni tra i coniugi, (art dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte Costituzionale con sentenza 27 giugno 1973, n. 91), nel sistema attuale, i coniugi, possono farsi reciproche donazioni, sia prima del matrimonio che durante lo stesso, e, purche` siano state osservate le forme prescritte da legge, si ritengono pienamente valide ed efficaci, e non soggette a revoca.
La “donatio ante nuptas”, e` la cd donazione obnuziale ossia, quella precedente le nozze e, fatta in vista di un futuro matrimonio
Articolo di riferimento: 785 cc ”donazione in riguardo di matrimonio”ai sensi del quale”La donazione fatta in riguardo di un determinato futuro matrimonio, sia tra gli sposi tra loro, sia da altri a favore di uno o di entrambi gli sposi, o dei figli nascituri da questi, si perfeziona senza bisogno di essere accettata, ma no produce effetti finche` non segua il matrimonio.
L`annullamento del matrimonio importa nullita` della donazione. Restano tuttavia, salvi i diritti acquistati dai terzi in buona fede, tra il giorno del matrimonio ed il passaggio in giudicato della sentenza che dichiara la nullita` del matrimonio.
Il coniuge in buona fede non e` tenuto a restituire i frutti percepiti anteriormente alla domanda di annullamento del matrimonio.
La donazione a favore di figli nascituri rimane efficace per i figli, rispetto ai quali si e` verificato il matrimonio”.
Dalla norma si evince che non e` fissato alcun termine entro il quale il matrimonio debba essere celebrato, come causa di efficacia della donazione, ne` tantomeno sono revocabili in caso di divorzio.
Merita precisare che non rientrano nel novero di donazioni obnubili, ad esempio il dono di un anello, anche se di notevole valore fatto dal fidanzato alla fidanzata, ma lo stesso e` considerasi come regalo posto a causa della promessa di matrimonio, pertanto in caso di rottura del fidanzamento, nell`ipotesi in questione si applichera` la regola dettata dall`art 80 cc “ restituzione dei doni” Il promettente puo` domandare la restituzione dei doni fatti a causa della promessa di matrimonio se questo non stato contratto.
La domanda non e` proponibile se non dopo un anno dal giorno in cui si e` avuto il rifiuto di celebrare il matrimonio o, dal giorno della arte di uno dei promettenti.
Escluse dalle donazioni obnuziali anche le spese sostenute dai genitori degli sposi per l`arredamento della casa coniugale.
Si e` detto che le suddette donazioni sono irrevocabili, ma un`unica eccezione va ravvisata nel caso previsto dall`art 801 cc che analizza il caso specifico di “ revoca per ingratitudine , articolo applicabile alla donazioni in generale, al quale sono sottoposte anche le donazioni tra coniugi; in particolare nel caso specifico di separazione, l`ingratitudine, va ravvisata nei fatti che nel loro complesso hanno messo fine alla convivenza tra gli stessi.
Secondo l`articolo in questione “La domanda di revocazione per ingratitudine puo` essere proposta quando il donatario si sia reso colpevole di ingiuria grave verso il donante o, ha dolosamente arrecato grave pregiudizio al patrimonio di lui o, gli ha rifiutato indebitamente gli alimenti dovuti”.

lunedì 11 ottobre 2010

PIANO CASA

http://marioprocaccini.blogspot.com/2010/07/contributi-per-la-messa-in-sicurezza.html
PIANO CASA
INFORMAZIONI ?
DUBBI ?
SUGGERIMENTI ?
IL PIANO CASA HA SUPERATO IL PRIMO OSTACOLO CON L’ADOZIONE IN GIUNTA.
ORA INIZIERA’ , NELLA COMMISSIONE CHE HO L’ONORE DI PRESIEDERE, UN ATTENTO ESAME CHE VEDRA’ IL COINVOLGIMENTO DELLE PARTI SOCIALI, GLI ORDINI PROFESSIONALI, LE ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA , I CONSIGLIERI STESSI … TUTTI COLORO CIOE’, CHE A VARIO TITOLO, POSSONO PORTARE UN CONTRIBUTO MIGLIORATIVO AL TESTO.
A PARTIRE DA LUNEDI’ 18 OTTOBRE ESPERTI DEL SETTORE
TI AIUTERANNO DANDO LE PRIME INFORMAZIONI SU COME POTER USUFRUIRE DEL PIANO CASA .
LA DESTRA DI STORACE E’ AL TUO FIANCO !
Scrivi a :
pianocasainfoladestra@gmail.com
Roberto Buonasorte
Presidente della Commissione Urbanistica
Regione Lazio
328 0088239

martedì 5 ottobre 2010

ARTICOLI DI STAMPA

IL SEGRETARIO "LA DESTRA" CHIEDE ESPRESSAMENTE AL VICE SINDACO SE LE NOTIZIE RIPORTATE DALLA STAMPA LOCALE ""( SE IO VEDO QUALCUNO COSTRUIRE ABUSIVAMENTE,NON LO DENUNCIO PERCHE' IO PER PRIMO MI SENTO ABUSIVO)""SONO FRUTTO GIORNALISTICO !
IL SEG.POL. MARIO PROCACCINI
-IL RESPONSABILE AMM. CIRCOLO VALLE MARTELLA
ALDO FABRIZI