domenica 27 novembre 2011

IL TUMORE ALLO STOMACO.


Cos'è il tumore allo stomaco
Lo stomaco è l'organo che contiene il cibo ingerito e lo processa prima di inviarlo all'intestino dove vengono assorbite le sostanze utili ed eliminate quelle inutili. Ha la forma di un'otre ed è posto al termine dell'esofago, una sorta di lungo tubo che ha la funzione di veicolare il cibo e i liquidi dalla bocca fino agli organi digestivi.

Il tumore dello stomaco è provocato da una massa di cellule in crescita incontrollata, originatesi, nel 90 per cento dei casi, dal rivestimento interno dell'organo.
Quanto è diffuso
Il cancro dello stomaco colpisce le persone a partire mediamente dai 45 anni di età.

Negli ultimi anni il numero di casi diagnosticati nei Paesi occidentali è in diminuzione, un fenomeno che sembra dovuto, almeno in parte, al miglioramento dell'alimentazione e alla diminuzione del consumo di cibi conservati sotto sale o affumicati.



In Europa si verificano circa 190.000 nuovi casi ogni anno che rappresentano circa il 23 per cento di tutte le neoplasie. Il rapporto fra maschi e femmine è 1,6:1. L'incidenza è maggiore tra le classi sociali più basse, anche se è in rapida diminuzione (circa 5 per cento ogni cinque anni). Il declino è stato più rapido nelle donne rispetto agli uomini. In Italia si è verificata una importante diminuzione sia dell'incidenza sia della mortalità in entrambi i sessi.
Il tasso d'incidenza annuale è più elevato nei paesi dell'Europa orientale (34 per 100.000 nell'uomo) e meridionale (19 per 100.000 nell'uomo) rispetto a quello dell'Europa settentrionale (6 per 100.000 nella donna) e occidentale (7 per 100.000 nella donna). In sei casi su dieci il paziente ha più di 65 anni.

Il tumore dello stomaco provoca comunque più di 10.000 morti l'anno, attestandosi, come diffusione, appena sotto il cancro al seno e il cancro al polmone.
Chi è a rischio
Diversi sono i fattori chiamati in causa per spiegare la nascita e lo sviluppo del tumore dello stomaco; tra essi, l'alimentazione gioca un ruolo importante: una dieta ricca di amidi, grassi e cibi affumicati o salati (che contengono nitriti e nitrati precursori di cancerogeni come le nitrosamine) ne può favorire l'insorgenza, così come il consumo di alcol e il fumo di sigaretta, che possono contribuire alla trasformazione del tessuto gastrico in senso tumorale.

Di recente, inoltre, ha assunto sempre maggiore importanza il ruolo svolto dall'Helicobacter pylori, un batterio responsabile anche dell'ulcera gastrica e duodenale: la sua presenza nello stomaco, infatti, può alterare - nel corso di anni - i delicati equilibri che esistono a livello dell'organo.

È stato poi dimostrato che esiste una predisposizione familiare che contribuisce alla genesi della malattia; alcune alterazioni a carico di determinati geni (tra i quali p53 e APC) sono causa dell'insorgenza di tumori in diversi organi, tra i quali lo stomaco (si parla, in questi casi, di sindrome di Linch di tipo II).

Infine, vale la pena di citare altre possibili cause, che si verificano più raramente, e che sono rappresentate dalla poliposi gastrica, ovvero dalla formazione di piccole escrescenze benigne che con il tempo, se non curate, possono degenerare e diventare maligne, e da interventi chirurgici con tecniche particolari che venivano effettuati in passato. In quest'ultimo caso è possibile che, dopo circa 15 o 20 anni, il punto in cui si è formata la cicatrice diventi luogo di partenza di un tumore: per questo le persone operate allo stomaco devono essere periodicamente controllate con la gastroscopia, un esame che permette di visualizzare lo stato di salute del rivestimento interno dell'organo.
Tipologie
Dal punto di vista istologico si distinguono due tipi principali di cancro allo stomaco.

Il tumore dello stomaco di tipo intestinale è il più frequente e colpisce in prevalenza gli uomini di età superiore a 50 anni. Esso si associa alla cosiddetta metaplasia intestinale, cioè alla trasformazione dell'epitelio gastrico (cioè del rivestimento interno dello stomaco) in un altro tipo di epitelio, molto simile a quello dell'intestino. Questi tumori, di solito, si presentano come formazioni rivolte verso l'interno della cavità e con crescita espansiva.
Il tumore dello stomaco di tipo diffuso è solo di poco meno frequente e colpisce in modo indifferente uomini e donne di età media sui 45 anni. In genere la neoplasia nasce dalla mucosa gastrica normale (che non evolve verso il tipo intestinale come accade nell'altro tipo) e, penetrando nel tessuto, può dare luogo a ulcere: in questo caso si parla di stomaco a borsa di cuoio o di linite plastica, per sottolineare come la crescita possa portare a un indurimento delle pareti dell'organo. Caratteristica di questo tipo di tumore è la presenza di cellule che al microscopio assomigliano a un anello con una gemma incastonata (cellule ad “anello con castone”).

Se il tumore viene diagnosticato in fase precoce ci si può imbattere anche in quello che viene chiamato l' "early gastric cancer" (cancro gastrico iniziale): si tratta di un tumore che colpisce solo la mucosa e la sottomucosa (ovvero i primi due strati di tessuti dell'organo). Esso è considerato una fase iniziale della malattia e ha le migliori possibilità di guarigione. Le sedi dove il tumore si sviluppa più spesso - all'incirca nel 50 per cento dei casi - sono il piloro e la cavità dello stomaco. In un caso su cinque la localizzazione è a livello del corpo dello stomaco, mentre è meno usuale che la neoplasia si instauri a livello della cosiddetta piccola curvatura.

La diffusione del cancro gastrico può avvenire per via diretta all'esofago e al peritoneo, per via linfatica ai linfonodi, e per via ematica dando metastasi al fegato, alle ossa, ai polmoni e raramente al cervello.

Infine, è importante ricordare quello che viene chiamato "tumore di Krukemberg" e cioè un tumore localizzato alle ovaie ma dovuto alla presenza di cellule neoplastiche che dallo stomaco sono migrate all’ovaio attraverso la cavità peritoneale.
Sintomi
Il tumore dello stomaco si presenta, purtroppo, con sintomi che possono facilmente essere confusi con quelli di una gastrite o di un'ulcera gastrica: nausea, difficoltà di digestione, mancanza di appetito o difficoltà a mangiare grandi quantità di cibo. Per questa ragione se un trattamento per la gastrite o per l'ulcera non sortisce alcun effetto positivo, è opportuno fare una gastroscopia per valutare direttamente lo stato della mucosa interna dell'organo.

Se presenti sintomi più gravi come vomito con sangue o perdita di peso improvvisa possono essere segno di maggiore gravità della malattia.
Prevenzione
Non esiste una causa unica di cancro allo stomaco, quindi è difficile prevenirlo.

Un'alimentazione di tipo mediterraneo, con abbondante frutta e verdura e poca carne alla griglia o affumicata sembra avere un effetto protettivo. Anche l'abbandono della sigaretta può aiutare, è stata infatti dimostrata una relazione tra il fumo e la formazione del cancro allo stomaco.

Inoltre esiste una relazione tra l'infezione da Helicobacter pylori e il tumore dello stomaco, quindi può essere utile, in caso di sintomi e di accertata presenza del batterio, procedere a una semplice terapia antibiotica che dovrebbe essere in grado di eliminarlo.

Non esistono programmi di screening sulla popolazione, ovvero non si consiglia alle persone che non hanno sintomi di sottoporsi a una gastroscopia perché si tratta di un esame fastidioso e costoso.

Diagnosi
La diagnosi di tumore dello stomaco viene effettuata mediante gastroscoscopia: lo stesso esame permette sia di osservare il rivestimento interno dello stomaco che di prelevare piccole quantità di tessuto per esaminarle al microscopio (biopsia).

Prima di essere sottoposti ad intervento chirurgico è necessario anche valutare l’eventuale diffusione a distanza del tumore mediante una TAC o un’ecografia e in alcuni casi può essere utile anche l’ecoendoscopia per valutare il grado di infiltrazione della parete dello stomaco.

Evoluzione
Come per molti altri tumori, anche il cancro dello stomaco viene classificato in base al sistema TNM, dove il parametro T descrive la dimensione del tumore primitivo (cioè quello che si è manifestato per primo nel caso in cui questi siano più di uno), il parametro N prende in considerazione l'eventuale interessamento dei linfonodi e infine il parametro M fa riferimento alla presenza o meno di metastasi a distanza.

Come si cura
Le possibilità di guarigione (prognosi) e la scelta del trattamento dipendono dallo stadio di sviluppo del tumore (dal fatto cioè che sia localizzato al solo stomaco o che sia propagato ad altre zone) e dalle condizioni generali del paziente.

Quando è possibile, la chirurgia è il trattamento di prima scelta e l’intervento prevede l’asportazione di tutto lo stomaco o di una parte di esso.

La gastrectomia parziale elimina solo quella parte dello stomaco che contiene il tumore e parti di altri tessuti e organi vicini alla sede del tumore. Vengono asportati i linfonodi vicini e, se necessario, anche la milza (situata nell'addome superiore, è l’organo che filtra il sangue ed elimina le cellule vecchie).

La gastrectomia totale elimina per intero lo stomaco, una piccola parte dell'esofago, i linfonodi vicini e in alcuni casi la milza. Il paziente è comunque in grado di mangiare e di inghiottire perché l’intervento prevede la connessione dell'esofago al piccolo intestino.

Se viene rimossa solo una parte dello stomaco, il paziente dovrebbe essere in grado di nutrirsi in modo normale. Qualora l'asportazione dello stomaco sia totale, si potranno rendere necessari piccoli pasti frequenti, così come un'alimentazione caratterizzata da cibi con basso livello di zuccheri ed elevato livello di grassi e proteine. La chirurgia classica può essere associata a moderne metodiche di medicina nucleare. Mediante gastroscopia, viene somministrata direttamente all'interno del tumore una sostanza radioattiva che poi, al momento dell'intervento, serve da guida per l'asportazione evidenziando i linfonodi interessati.

La chemioterapia consiste nella somministrazione di farmaci che uccidono selettivamente le cellule cancerose. Può consistere nell’assunzione di compresse o nella somministrazione endovenosa del farmaco. Viene definita trattamento sistemico in quanto il farmaco viene immesso in circolo, viaggia attraverso il corpo e può uccidere le cellule cancerose anche al di fuori dello stomaco. Il trattamento che viene somministrato in seguito all'intervento chirurgico, quando non si riscontra più nessuna cellula cancerosa, viene chiamato trattamento adiuvante. Tale trattamento è utilizzato in studi randomizzati per determinare l'efficacia di nuovi regimi terapeutici. Attualmente, accanto a molecole ben conosciute, come il 5Fluorouracile (5FU) si utilizzano combinazioni di farmaci chemioterapici come FAMTX (5FU, adriamicina, methotrexate, acido folinico), EAP (etoposide, cisplatino, adriblastina), ELF (etoposide, 5FU, acido folinico).

La ricerca sta lavorando per migliorare la sopravvivenza dei pazienti con tumore allo stomaco. Il cosiddetto "early gastric cancer" (cancro gastrico iniziale) ha a oggi la prognosi migliore, con una sopravvivenza a cinque anni del 90 per cento; in tutti gli altri casi la sopravvivenza media a cinque anni è attorno al 25 per cento dei casi.

domenica 20 novembre 2011

In pensione a 70 anni, Ici nel 2012:


In pensione a 70 anni, Ici nel 2012: il progetto del governo
Sì alla contrattazione aziendale, via i contratti atipici. Si studia la riforma fiscale.
Giulia Nitti
Ici, pensioni, contratti di lavoro, liberalizzazioni. Che potrebbe tradursi anche con tasse, tagli e incentivi allo sviluppo. Ieri alla Camera il nuovo presidente del Consiglio Mario Monti ha illustrato le misure che intende prendere il nuovo esecutivo per riportare in ordine i conti e cercare di rimettere in moto il Paese. Ecco le principali nel dettaglio.
Pensioni, via quelle di anzianità
Inevitabile l’intervento sulla previdenza, troppo a lungo rimandato dal governo Berlusconi. Nel suo discorso alla Camera il presidente del Consiglio ha detto che il nostro sistema, nel complesso, è tra i più “sostenibili” di Europa. C’è però il nodo riguarda le pensioni di anzianità - caso unico nell’area Ue - che consentono a chi ha 40 anni di lavoro di andare in pensione anche a 60 anni.
Uscite volontarie da 63 anni, addio al sistema retributivo
Il ministro del Lavoro Elsa Fornero pensa di operare introducendo l’uscita dal lavoro “a scelta”. Il lavoratore potrà decidere di andare in pensione a partire da 63 anni, fino a 70. Più tardi lascerà il lavoro, più cospicuo sarà il suo assegno.
Non solo. L’ipotesi di intervento punta a modificare anche l’attuale sistema di calcolo dell'assegno mensile. Per chi aveva 18 anni di lavoro nel 1996 l’assegno mensile viene oggi calcolato con il sistema retributivo-contributivo, cioè sulla base dei contributi versati e dello stipendio percepito. Eliminando dal calcolo il sistema retributivo il calcolo verrebbe fatto sui soli contributi versati. Il che equivale, inevitabilmente, a pensioni più basse.
Aliquote più vicine e tagli dei privilegi
Al ministero stanno pensando anche di modificare le attuali aliquote previdenziali (che oggi sono del 33% sul salario per i i dipendenti, del 20-21% per i lavoratori autonomi e del 27,7% per i parasubordinati), avvicinandole.
Infine, è allo studio il taglio dei privilegi che interesserà il vitalizio dei parlamentari e degli altri incarichi pubblici.
Lavoro, sì alla contrattazione aziendale
La riforma del mercato del lavoro riguarderà giovani e neoassunti. Monti ha spiegato che tutto avverrà dopo una trattativa con le parti sociali, ma continuerà il sostegno alla contrattazione aziendale regolata lo scorso giugno dall’accordo tra governo Berlusconi e parti sociali.
La riforma si ispirerà al modello del giuslavorista Piero Ichino, basato sul superamento delle disparità tra chi è tutelato da un contratto a tempo indeterminato e l‘esercito dei nuovi lavoratori precari. E’ la filosofia del contratto unico: superamento dei contratti a progetto e a termine, contratti a tempo indeterminato per tutti, ma con delle differenze rispetto all’attuale.
Tempo indeterminato ma possibilità di licenziare
Il datore di lavoro potrà però licenziare i neoassunti per un periodo di tempo iniziale (non è chiaro quanto, forse 24 o 36 mesi), pagando un’indennità monetaria. Superato il termine fissato, il lavoratore accede alle tutele più forti di cui godono gli altri, che non saranno modificate. In programma anche una riforma sugli ammortizzatori sociale, che però, visto il bilancio dello Stato, non sarà di immediata attuazione.
L’ici già dal 2012, ritocco sull’Iva ma meno imposte sul lavoro
Del ritorno dell’Ici si è già parlato tanto. Monti ieri non ha lasciato spazio a dubbi: l’imposta sulla prima casa sarà reintrodotta. Come aveva anticipato il governo precedente nella lettera alla Commissione europea, la tassa sarà inglobata nell’Imu, la tassa municipale unica introdotta con la il federalismo municipale, e potrà partire già dal 2012. Si è parlato anche di un nuovo ritocco dell’Iva al 10 al 21%, e di una possibile patrimoniale, questa ipotesi è però osteggiata dal Pdl.
In compenso Monti ha detto che l’esecutivo sta pensando a una riduzione delle imposte e dei contributi sul costo del lavoro e sulle attività produttive, che potrebbero essere finanziati da una patrimoniale.

venerdì 18 novembre 2011

VIDEO CHOC DELLE IENE: RAGAZZI EMO,TRA SESSO NON PROTETTO E DROGA.



Video choc delle Iene: ragazzi Emo, tra sesso non protetto e drogaAlle Iene è andato in onda un video choc sul mondo degli Emo: ragazzi dai 13 ai 18 anni che fingono di essere depressi e si riuniscono in locali dove il sesso è libero e senza protezioni. Ci sono realtà che si conoscono poco, che mutano così velocemente che non si fa a tempo a comprendere. Gli adolescenti di certo possono entrare in questa categoria, soprattutto perchè oggi ci sono tante correnti di pensiero che li rapiscono ad un normale sviluppo di un periodo della vita che, di per sè, è già delicato. Un filmato mandato in onda ieri da Le Iene, apre scenari da incubo sul mondo degli emo. Innanzitutto, chi sono gli emo? “Emo deriva da emotional – spiega Chiara, 15 anni, fin a qualche mese fa una di loro -. Sono ragazzi col ciuffo che si vestono di nero. Emo significa tristezza, tristezza è stile. Lo stile è fatto di tagli e di tipi che fanno finta di essere depressi”. Chi di noi non ha mai incontrato un ragazzo o una ragazza, col ciuffo più lungo del resto della capigliatura, perfettamente liscio e con gli occhi strati di nero? Capita di vederli dappertutto ma Le Iene hanno svelato cosa c’è dietro.

In pratica, questi adolescenti che “fanno finta di essere depressi” per darsi un tono da belli e dannati, in realtà, sono ben più scatenati di quanto potrebbe sembrare a prima vista. I loro raduni, di solito presso il Durex, un locale, si trasformano in orge in cui il sesso senza protezioni è l’unica regola. Perchè? Per diventare popolari. “Il modo più veloci per diventare vip, cioè arrivare a 16mila contatti su Netlog, è quello di farti un ragazzo che è già vip e magari farlo davanti a molte persone” spiega ancora Chiara. Si parla anche di bisessualità – a volte vera, a volte solo una finzione – ma se pensiamo che gli emo che frequentano il Durex sono ragazzi tra i 13 e i 18 anni, ci rendiamo conto che probabilmente a quell’età nessuno possiede la maturità sessuale per poter decidere così nettamente il proprio orientamento. Le scene riprese dal programma di Italia1 mostrano sale fumose dove giovani si ammucchiano su divanetti luridi per consumare rapporti non protetti, anche 15 a sera “se una ragazza è considerata bella“, naturalmente con degli sconosciuti. Chiara parla di raduni in giro per l’Italia, con ragazzi che si spostano per settimane intere senza andare a scuola. Una domanda è d’obbligo: ma i genitori?

Nonostante Chiara dichiari che molti genitori non criticano i figli, immaginiamo scenari di uguale degradazione in famiglie in cui un ragazzino sparisce per giorni e nessuno si preoccupa. Non c’è futuro per questi ragazzi? E se c’è, come lo vedono. L’ex emo conferma che si vive solo nel presente, in una corsa alla distruzione che difficilmente avremmo immaginato. L’adolescenza è un’età complicata – lo dicono dai medici agli opinionisti – ma ancora non riusciamo a capacitarci di come si possa pensare di perdersi così. Il sesso diventa solo un mezzo per avere una effimera notorietà, senza considerare le malattie o le gravidanze. Manca l’informazione? Manca l’affetto vero di amici e familiari? Non si sa, però è certo che manca qualcosa e questo vuoto dentro crea mostri.

Aria. Getto pericoloso di cose


Cass. Sez. III n. 37495 del 17 ottobre 2011 (Cc. 13 lug. 2011)
Pres. De Maio Est. Fiale Ric. PM in proc. Dradi
Aria. Getto pericoloso di cose

Il reato di cui all'art. 674 cod. pen. non è configurabile nel caso in cui le emissioni provengano da una attività regolarmente autorizzata o da una attività prevista e disciplinata da atti normativi speciali e siano contenute nei limiti previsti dalle leggi di settore o dagli specifici provvedimenti amministrativi che le riguardano, il cui rispetto implica una presunzione di legittimità del comportamento
La fattispecie contravvenzionale descritta dall'art. 674 cod. pen. non prevede due distinte ed autonome ipotesi di reato ma un reato unico, in quanto la condotta consistente nel provocare emissioni di gas, vapori o fumo rappresenta una species del più ampio genus costituito dal gettare o versare cose atte ad offendere, imbrattare o molestare persone. Le emissioni di cui alla seconda ipotesi (riferita a gas, vapori o fumo) rientrano già nell'ampio significato dell'espressione “gettare cose”, di cui in realtà costituiscono una specie, e sono state espressamente previste dalla norma unicamente per specificare che quando si tratta di attività disciplinata per legge - e per tale motivo ritenuta dal legislatore di un qualche interesse pubblico e generale - la loro rilevanza penale nasce soltanto con il superamento dei limiti e delle prescrizioni di settore.
E' vero che può costituire molestia anche il semplice arrecare alle persone preoccupazione generalizzata ed allarme circa eventuali danni alla salute da esposizione ad emissioni inquinanti. L'allarme, però, non può derivare da opinioni preconcette e da disinformazione mediatica.

mercoledì 16 novembre 2011

INCONTRO POLITICO !!

COMUNICATO PER GLI AMICI DI PROCACCINI:
CARI AMICI VI COMUNICO CHE SI SONO SVOLTI INCONTRI POLITICI DI NOTEVOLE IMPORTANZA CON LE FORZE POLITICHE PRESENTI SUL TERRITORIO DI ZAGAROLO:
TRA QUESTE HO INCONTRATO IL RESPONSABILE DELLA " ASSOCIAZIONE POLITICA " U.raz" SIGNOR VITTORIO CARATELLI.
CON QUESTI SI è CONVENUTO DI APPROFONDIRE LE TEMATICHE PRESENTI SUL TERRITORIO DI ZAGAROLO.
AL RIGUARDO SI PRECISA CHE TRA GLI ARGOMENTI TRATTATI VI è STATA UNA CONVERGENZA UNILATERALE SULLE INIZIATIVE DA IONTRAPRENDERE.
VI TERREMO INFORMATI SUGLI EVENTUALI INCONTRI CHE SI TERRENNO.
CERTO DEL VOSTRO SOSTEGNO IN QUESTA INIZIATIVA PORGO DISTINTI SALUTI
CAV. MARIO PROCACCINI
PRES. URAZ. VITTORIO CARATELLI

martedì 15 novembre 2011

Cronaca " NERA"


Genova, 70enne uccide due uomini e la moglie, poi si suicida by TMNews
Nelle immagini i momenti immediatamente successivi alla sparatoria che si è svolta a Genova, e ha portato alla morte di quattro persone. Carlo Trabona, 70 anni, ha prima sparato a due fratelli, uccidendoli, poi è tornato a casa e ha ammazzato la moglie e alla fine ha rivolto la pistola contro se stesso: l'uomo viene caricato sull'ambulanza lo porta in ospedale, dove morirà poco dopo. Gli investigatori fanno i primi rilievi sul luogo della tragedia, in via Piacenza, nel quartiere di Molassana: dopo la sparatoria nel bar vicino a casa, dove ha colpito i due fratelli, Trabona è tornato nella sua abitazione, ha ucciso la moglie e si è barricato dentro armato. L'edificio è stato circondato da agenti di polizia, con la dirigente della sezione omicidi della Squadra mobile Alessandra Bucci che ha tentato di convincerlo a consegnarsi: ma poco dopo l'uomo si è sparato. Il movente del gesto sarebbe la gelosia.

Cronaca " NERA"


Marito uccide la moglie a colpi di pistola e fugge. L'omicidio passionale a Cervinara nell'avellinese by TMNews
Ha sparato un colpo al petto di sua moglie, poi è fuggito. A fare fuoco Michele Rivetti, 50 anni di Cervinara, nell'avellinese che ha ucciso Elisa Affinito di 40 anni. Il delitto è avvenuto nel cortile di casa, dove la coppia viveva con i 4 figli e la madre della donna. Secondo una prima ricostruzione degli inquirenti l'uomo, un disoccupato con qualche precedente penale, era roso dalla gelosia e avrebbe ucciso la donna al termine dell'ennesimo litigio. Poi è scappato con la sua auto che in seguito ha abbandonato nel comune di Cancello. Vani intanto i tentativi dei figli di rimettersi in contatto con il padre per convincerlo a consegnarsi.

lunedì 14 novembre 2011

Fascia di rispetto autostradale

Urbanistica.Fascia di rispetto autostradale
TAR Lombardia (MI) Sez. IV n. 2353 del 5 ottobre 2011
Urbanistica.Fascia di rispetto autostradale

Il vincolo di inedificabilità gravante sulla fascia di rispetto autostradale ha carattere assoluto e prescinde dalla caratteristiche dell’opera realizzata, in quanto il divieto di costruzione sancito dall’art. 9 della l. n. 729/1961 e dal successivo d.m. n. 1404/1968 non può essere inteso restrittivamente al solo scopo di prevenire l’esistenza di ostacoli materiali suscettibili di costituire, per la loro prossimità alla sede autostradale, pregiudizio alla sicurezza del traffico e alla incolumità delle persone, ma appare correlato alla più ampia esigenza di assicurare una fascia di rispetto utilizzabile, all’occorrenza, dal concessionario, per l’esecuzione dei lavori, per l’impianto dei cantieri, per il deposito di materiali, per la realizzazione di opere accessorie, senza limiti connessi alla presenza di costruzioni. Cosicché le distanze previste vanno osservate anche con riferimento ad opere che non superino il livello della sede stradale o che costituiscano mere sopraelevazioni o che, pur rientrando nella fascia, siano arretrate rispetto alle opere preesistenti.

giovedì 10 novembre 2011

Vorrei pubblicizzare questa lodevole iniziativa della nostra concittadina, Avv. Tania Della Bella, che, in occasione della pubblicazione del suo libro, devolverà parte dell'incasso per la tutela degli animali e lo sviluppo della pet therapy e ha scelto come luogo della prima presentazione del libro proprio la nostra cittadina di Zagarolo dando anche lustro al paese. Vi invito a partecipare tutti.


mercoledì 9 novembre 2011

Rifiuti. Recupero e procedure semplificate

TAR Lombardia (MI) Sez. IV n.2311 del 28 settembre 2011
Rifiuti. Recupero e procedure semplificate

Tra gli scopi del T.U. ambientale vi sia anche quello di favorire il recupero dei rifiuti rispetto alle tradizionali attività di smaltimento, la legge non ha voluto, con gli artt. 214 ss. del D. Lgs. 152/2006, ritenere che il recupero sia attività irrilevante dal punto di vista ambientale, quanto piuttosto sottoporla ad un regime amministrativo ambientale semplificato e di favore, a condizione però che siano rigidamente osservati i limiti stabiliti dal D.M. 05/02/1998 per quanto riguarda i rifiuti non pericolosi. Solo il rispetto di fatto di queste condizioni legittima la piena efficacia della d.i.a. e la conseguente iscrizione all’Albo dei Gestori Ambientali.


N. 02311/2011 REG.PROV.COLL.

N. 02120/2007 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2120 del 2007, proposto da: Lariana Costruzioni e Asfalti Srl, rappresentato e difeso dall'avv. Adolfo Mario Balestreri, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, corso di Porta Vittoria 5;

contro

Provincia di Lecco, rappresentata e difesa dall'avv. Mario Anghileri, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Cornaggia, 10;
Albo Nazionale Gestori Ambientali - Sez. Regionale Lombardia, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distr.le dello Stato di Milano, domiciliata per legge in Milano, via Freguglia, 1;

per l'annullamento, con motivi aggiunti

- del provvedimento dirigenziale della Provincia di Lecco prot. gen. 22987 del 15 giugno 2007 avente ad oggetto il divieto di prosecuzione dell’attività di recupero di rifiuti speciali non pericolosi effettivamente avviati al riutilizzo con procedure semplificate, ai sensi dell’art. 216 del D. Lgs. 152/2006. Ditta Lariana Costruzioni e Asfalti s.r.l. sede legale: Via A De Gasperi Rogeno Insediamento produttivo: località Moregallo Mandello del Lario;

- per quanto occorrer possa della nota della Provincia di Lecco in data 14 giugno 2007 avente per oggetto rapporto di sopralluogo effettuato in data 7 giugno 2007;

- per quanto occorrer possa della nota prot. 40017 dell’8 settembre 2007 con la quale l’Albo delle Imprese che effettuano la Gestione dei rifiuti Sezione regionale della Lombardia la comunicato alla Lariana Costruzioni la chiusura del procedimento e contestuale archiviazione a seguito di provvedimento di divieto prosecuzione attività ai sensi degli arrt. 214 e 216 del D. Lgs. 152/06 emesso dalla Provincia competente;

- nonché di tutti gli altri atti presupposti, antecedenti e conseguenti.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia di Lecco e di Albo Nazionale Gestori Ambientali - Sez. Regionale Lombardia;

Vista l’ordinanza del TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 20 novembre 2007 n. 1779;

Vista l’ordinanza del Consiglio di Stato, V, 08/01/2008 n. 156;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 luglio 2011 il dott. Alberto Di Mario e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1. La ricorrente impugna il provvedimento con il quale la Provincia di Lecco ha disposto il divieto di prosecuzione dell’attività presso il sito produttivo di Mandello del Lario e quello dell’Albo nazionale delle Imprese che svolgono la gestione dei rifiuti che ha archiviato la domanda di iscrizione al registro presentata dalla ricorrente per i seguenti motivi.

I) Violazione dell’art. 33 c. 1 del D. Lgs. 22/1997 e dell’art. 216 del D. Lgs. 152/2006 ed eccesso di potere in quanto il ricorrente avrebbe ottenuto l’autorizzazione semplificata all’esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti per silenzio assenso, con la conseguenza che il provvedimento della Provincia di Lecco sarebbe tardivo.

II) Violazione dell’art. 33 c. 1 del D. Lgs. 22/1997 e dell’art. 216 del D. Lgs. 152/2006 ed eccesso di potere in quanto la procedura semplificata permetterebbe di svolgere l’attività di recupero dei rifiuti in via accessoria e strumentale senza i requisiti richiesti in via ordinaria.

III) Illegittimità del provvedimento provinciale per carenza di motivazione in quanto non sarebbero stati indicati in modo specifico, neppure per relationem, i requisiti mancanti.

IV) Violazione dell’art. 33 c. 1 del D. Lgs. 22/1997 e dell’art. 216 del D. Lgs. 152/2006 ed eccesso di potere nella nota della Sezione Regionale dell’Albo Nazionale delle imprese che svolgono attività di smaltimento rifiuti in quanto l’attività della ricorrente avrebbe i requisiti richiesti dalla legge.

V) Illegittimità derivata del provvedimento dell’Albo in conseguenza dei vizi del provvedimento provinciale.

Con il ricorso per motivi aggiunti la ricorrente contesta che l’amministrazione avrebbe integrato la motivazione dei provvedimenti impugnati in giudizio mediante le proprie difese e controbatte alle difese della Provincia.

La difesa della Provincia chiede la reiezione del ricorso.

All’udienza del 5 luglio 2011 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

DIRITTO

Il primo motivo di ricorso è infondato.

L'articolo 33 del decreto legislativo 5 luglio 1997 n. 22, ed oggi l’art. 216 del T.U. Ambientale prevede una procedura semplificata, mediante denunzia d'inizio d'attività, di autorizzazione allo smaltimento dei rifiuti. Il comma 1 dispone che l'attività possa essere intrapresa decorsi novanta giorni dalla comunicazione d'inizio di attività alla provincia territorialmente competente, il comma 3 prevede che entro quel termine la provincia verifichi d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti per l'esercizio dell'attività, e il comma 4 prevede che, accertato il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, la provincia disponga il divieto d'inizio o di prosecuzione dell'attività.

Benché la comunicazione di cui trattasi sortisca effetto già per il decorso del termine di 90 giorni, in assenza di specifici divieti o richieste di integrazioni documentali da parte della Provincia, sulla scorta dei meccanismi tipici del silenzio assenso, la comunicazione medesima, pur sortendo l’effetto operativo di legittimare l’attività con il decorso dei termini di legge, soggiace alle disposizioni richiamate dall’art. 31, ultimo comma, del D. Lgs. 22/97 (oggi art. 214 del T.U. Ambiente), ovvero le statuizioni sulla veridicità delle comunicazioni rese e dei relativi atti che la compongono, nonché il divieto di conformazione se si siano rese dichiarazioni false e l’espressa previsione di applicazione della sanzione prevista dall'articolo 483 del codice penale, salvo che il fatto costituisca più grave reato.

Inoltre poiché la disposizione del terzo comma dell’art. 216 prevede espressamente che la Provincia verifica la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti, disponendo non solo il divieto di inizio ma anche quello di prosecuzione della medesima, si deve ritenere che tale potere di controllo sia esercitabile anche in caso di accertamento successivo alla decorrenza dei termini di inizio attività, qualora si verifichino irregolarità od il mancato rispetto della norma tecnica a presupposto della quale viene svolta l’attività, senza che sia necessaria la rimozione del provvedimento di assenso tacito.

Ne consegue che nessuna consumazione del potere di controllo provinciale si è verificata per il fatto che il diniego di autorizzazione è stato emanato oltre un anno dopo la presentazione della domanda.

Il secondo motivo è infondato in quanto l’art. 126 del D. Lgs. 152/2006 stabilisce al primo comma che l’autorizzazione semplificata opera “a condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche di cui all'articolo 214, commi 1, 2 e 3”.

Ne consegue che non si può ritenere che la previsione della comunicazione di inizio di attività costituisca una forma di liberalizzazione dell’attività.

In secondo luogo poiché condizione indispensabile per l’utilizzo della procedura semplificata è, nel caso in questione, il rispetto del D.M. 05/02/1998 per quanto riguarda i rifiuti non pericolosi, non è possibile ritenere che la mera accessorietà dell’attività di recupero dei rifiuti rispetto all’attività principale giustifichi il mancato rispetto della normativa ambientale.

Sebbene, infatti, tra gli scopi del T.U. ambientale vi sia anche quello di favorire il recupero dei rifiuti rispetto alle tradizionali attività di smaltimento, la legge non ha voluto, con gli artt. 214 ss. del D. Lgs. 152/2006, ritenere che il recupero sia attività irrilevante dal punto di vista ambientale, quanto piuttosto sottoporla ad un regime amministrativo ambientale semplificato e di favore, a condizione però che siano rigidamente osservati i limiti stabiliti dal D.M. 05/02/1998 per quanto riguarda i rifiuti non pericolosi. Solo il rispetto di fatto di queste condizioni legittima la piena efficacia della d.i.a. e la conseguente iscrizione all’Albo dei Gestori Ambientali.

Non è possibile quindi ritenere che l’attività di recupero non sia soggetta alla normativa ambientale ma a quella dell’attività principale.

Il terzo motivo di ricorso, incentrato sul difetto di motivazione, è infondato in quanto la mancanza dei requisiti richiesti dal DM 05.02.1998 per la gestione dei rifiuti non pericolosi risulta dal confronto diretto tra le foto del verbale dell’ispezione effettuata dalla Provincia il 7 giugno 2007 e la normativa violata. In particolare risultano cumuli scoperti mentre l’allegato 5 al DM citato richiede che “lo stoccaggio in cumuli di rifiuti che possano dar luogo a formazioni di polveri deve avvenire in aree confinate; tali rifiuti devono essere protetti dalle acque meteoriche e dall'azione del vento a mezzo di appositi sistemi di copertura anche mobili”.

Ne consegue che nessun difetto di motivazione può imputarsi al provvedimento amministrativo in quanto la mancata indicazione della specifica disposizione vietata all’interno del DM citato costituisce una mera irregolarità in quanto non rende perplesso il contenuto del provvedimento.

Il quarto motivo di ricorso è irricevibile per tardività in quanto la comunicazione dell’Albo dei Gestori dei rifiuti, trattandosi di atto che ha interrotto il procedimento di iscrizione e direttamente impediente l’esercizio dell’attività, avrebbe dovuto essere impugnato dalla ricorrente nei termini di legge decorrenti dalla conoscenza del provvedimento.

Il motivo è quindi irricevibile per tardività.

Da ultimo va respinto anche il quinto motivo di ricorso ove il ricorrente contesta che il diniego di iscrizione da parte dell’Albo sarebbe viziato da illegittimità derivata dal provvedimento della Provincia che ordina la cessazione dell’attività in quanto quest’ultimo è ritenuto legittimo.

Anche il ricorso per motivi aggiunti è infondato.

In primo luogo non sussiste integrazione postuma della motivazione del provvedimento in quanto la difesa della Provincia ha operato mediante gli atti difensivi una specificazione dei profili di violazione del DM 05/02/1998 che non costituisce integrazione della motivazione.

Infatti la giurisprudenza ha chiarito che in caso di atti vincolati, qual è quello in questione, è sufficiente l’indicazione dei fatti e delle norme giuridiche che attribuiscono all’amministrazione il potere di provvedere (c.d. giustificazione: Cons. Stato, sez. IV 22 giugno 2006 n. 3962). Nel caso in questione i fatti e la fonte normativa che fonda il potere dell’amministrazione erano stati specificati nel provvedimento, mentre la successiva attività difensiva si è limitata a specificare il profilo della violazione perpetrata dal ricorrente, senza che ciò abbia aggiunto nulla al contenuto del provvedimento.

Gli altri motivi del ricorso per motivi aggiunti non costituiscono invece motivi nuovi ma mere repliche alle difese dell’amministrazione e quindi non debbono essere autonomamente esitate.

In definitiva quindi anche il ricorso per motivi aggiunti dev’essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, e sul ricorso per motivi aggiunti, li respinge.

Condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali a favore dell’amministrazione provinciale, che liquida in euro 2.500,00 oltre IVA e CPA se dovuti. Compensa le spese nei confronti dell’Albo dei Gestori Ambientali sezione regionale della Lombardia.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 5 luglio 2011 con l'intervento dei magistrati:

Adriano Leo, Presidente

Ugo De Carlo, Referendario

Alberto Di Mario, Referendario, Estensore

sabato 5 novembre 2011

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Vincolo di inedificabilità.


Beni Ambientali - Giurisp. Civ. Cass.

Cass. Civile Sez. 1, Sentenza n. 10542 del 19/07/2002
Presidente: Grieco A. Estensore: Benini S. P.M. Palmieri R. (Conf.)
Muscas (Lauro) contro Com. Cagliari (Melis)
(Rigetta, App. Cagliari, 23 novembre 1999).
BELLEZZE NATURALI (PROTEZIONE DELLE) - VINCOLI - IN GENERE - Piano territoriale paesistico - Vincolo di inedificabilità - Natura conformativa - Sussistenza - Decadenza - Esclusione - Disciplina urbanistica - Adeguamento - Necessità.
ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICO INTERESSE (O UTILITÀ) - OCCUPAZIONE TEMPORANEA E D'URGENZA - RISARCIMENTO DEL DANNO - Valutazione del bene - Vincolo di inedificabilità - Tutela paesaggistica - Incidenza sul valore - Sussistenza.

Il vincolo di inedificabilità contenuto in un piano territoriale paesistico, che rivela una qualità insita nel bene, sì che la proprietà su di esso è da intendere limitata fin dall'origine, è da considerare vincolo conformativo, non soggetto a decadenza, che incide sul valore del bene in sede di determinazione dell'indennizzo per un'eventuale espropriazione, tanto da rendere irrilevante la definizione, sempre ai fini della valutazione del bene, del regime imposto su di esso dalla disciplina urbanistica, che comunque è tenuta a uniformarsi alla pianificazione paesistica (Corte Cost. 13.7.1990, n. 327; Corte Cost. 9.5.1968, nn. 55 e 56).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ANGELO GRIECO - Presidente -
Dott. ALESSANDRO CRISCUOLO - Consigliere -
Dott. UGO RICCARDO PANEBIANCO - Consigliere -
Dott. UGO VITRONE - Consigliere -
Dott. STEFANO BENINI - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
MUSCAS PAOLO, MUSCAS LUCIANO, MUSCAS MARIA BONARIA, in proprio e quali eredi dell'originario attore MURENU LUIGI, elettivamente domiciliati in ROMA VIA G. BAZZONI 29, presso l'avvocato FRANCESCO ASCIANO, rappresentati e difesi dall'avvocato GIOVANNI M. LAURO, giusta procura in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
COMUNE DI CAGLIARI;
- intimato -
e sul 2^ ricorso n^. 07571/00 proposto da:
COMUNE DI CAGLIARI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA ARENULA 21, presso l'Avvocato ISABELLA LESTI QUINZIO BELARDINI, rappresentato e difeso dagli avvocati FEDERICO MELIS, GENZIANA FARCI, giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
MUSCAS PAOLO, MUSCAS LUCIANO, MUSCAS MARIA BONARIA, in proprio e quali eredi dell'originario attore MURENU LUIGI, elettivamente domiciliati in ROMA VIA G. BAZZONI 29, presso l'avvocato FRANCESCO ASCIANO, rappresentati e difesi dall'avvocato GIOVANNI M. LAURO, giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 391/99 della Corte d'Appello di CAGLIARI, depositata il 23/11/99;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/03/2002 dal Consigliere Dott. Stefano BENINI;
udito per il ricorrente, l'Avvocato LAURO, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso principale e rigetto del ricorso incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Raffaele PALMIERI che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 12.6.1986, Murenu Luigi, Muscas Paolo, Muscas Luciano e Muscas Maria Bonaria, convenivano in giudizio il Comune di Cagliari, chiedendone la condanna al risarcimento del danno per l'occupazione appropriativa di un fondo di loro proprietà, ubicato all'incrocio tra le vie Vidal e Gemelli.
Si costituiva in giudizio l'Amministrazione convenuta, contestando il fondamento della domanda, di cui chiedeva il rigetto. Avverso la sentenza di Tribunale di Cagliari, che, constatata la destinazione a verde dei suoli occupati, condannava l'amministrazione al risarcimento ricorrendo ad una valutazione basata sul criterio dell'edificabilità di fatto, proponeva appello il Comune. Con sentenza depositata il 23.11.1999, la Corte d'Appello di Cagliari, non definitivamente pronunciando, dichiarava che il terreno oggetto di procedura ablativa non era interessato da vincoli espropriativi, e disponeva con ordinanza per il prosieguo del giudizio, assumendo l'erroneità della valutazione effettuata dal c.t.u., in base alla previsione di realizzare campi da tennis con edificio di servizio. Il giudice di merito, inoltre, riteneva inapplicabile alla fattispecie il termine prescrizionale, trattandosi di occupazione del terreno in assenza di dichiarazione di pubblica utilità, il che dava luogo ad illecito permanente, produttivo di un danno che sfugge all'applicabilità dei criteri del risarcimento regolamentato.
Ricorrono per Cassazione Muscas Paolo, Muscas Luciano e Muscas Maria Bonaria, in proprio e quali eredi di Murenu Luigi, affidandosi a sei motivi, al cui accoglimento si oppone con controricorso il Comune di Cagliari, che a sua volta propone ricorso incidentale fondato su due motivi, contrastato da controricorso dei ricorrenti principali. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Deve preliminarmente disporsi la riunione dei procedimenti ai sensi dell'art. 335 c.p.c., avendo essi ad oggetto ricorsi avverso la stessa sentenza.
Con il primo motivo del ricorso principale, contrassegnato da "B", Muscas Paolo, Muscas Luciano e Muscas Maria Bonaria, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 1 prot. 1 Convenzione europea dei diritti dell'uomo (e della legge di ratifica 4.8.1955 n. 485), dell'art. 6 (già art. F) del Trattato di Maastricht del 7.2.1992 (e della legge di ratifica 3.11.1992 n. 454), dell'art. 42 Cost., della l. 29.6.1939 n. 1497, in particolare degli artt. 5 e 16, chiedono che la Corte deferisca alla Corte di giustizia delle Comunità europee la questione d'interpretazione dell'art. 6 del Trattato, e dell'ivi richiamato art. 1, secondo comma, del Protocollo addizionale alla CEDU, se detta norma consenta, in relazione alla inedificabilità del suolo di loro proprietà, determinata dal Piano regolatore paesistico, l'adozione di atti di conformazione del territorio costituenti espropriazione di fatto senza indennizzo, con svuotamento sostanziale della proprietà, o se la fattispecie rientri nella seconda disposizione del primo comma, che consente l'espropriazione di pubblica utilità: nel qual caso sarebbe rinvenibile nell'ordinamento nazionale una violazione di tale ultima disposizione, che consequenzialmente dovrebbe essere disapplicata. Successivamente alla pronuncia della Corte europea, ove la norma interna non venga disapplicata, si chiede dichiararsi non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della l. 1497/39, nel suo complesso e in particolare negli artt. 5 e 16 (e delle corrispondenti norme del nuovo d.lgs. 29 ottobre 1999 n. 490), oltre eventualmente agli artt. 7, secondo comma, nn. 2, 3, 4 e 41 quinquies ultimo comma, l. 17.8.1942 n. 1150, degli artt. 5, quarto comma, e 19, primo comma lett. d), e), g), l. reg. Sardegna 22.12.1989 n. 45, dell'art. 4 l. reg. Sardegna 19.5.1981 n. 17, nella parte in cui consentirebbero possa essere inserita nel piano territoriale paesistico la previsione di assoluta inedificabilità di un'area a tempo indeterminato, senza indennizzo o prospettiva espropriativa, in riferimento agli artt. 3, 10 e 42 Cost. Con il secondo motivo, indicato come "C 1^" nel ricorso, i Muscas, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 7, secondo comma, n. 3, 16, quinto comma, 17, primo comma, e 41 quinquies, l. 17.8.1942 n. 1150, 2, primo comma, l. 19.11.1978 n. 1187, 4, ultimo comma, l. 28.1.1977 n. 10, 1, quinto comma, l. 3.1.1978 n. 1, nonché vizio di motivazione, censurano la sentenza impugnata per aver ritenuto tuttora vigente il piano particolareggiato di Monte Urpinu, approvato con decreto 18.4.1974 n. 91, mentre il vincolo di inedificabilità, relativamente all'area dei ricorrenti, era già scaduto al momento della trasformazione del fondo.
Con il terzo motivo, indicato con "C 2^", i ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 7, secondo comma, nn. 2, 3, e 4, e 41 quinquies, ultimo comma, l. 17.8.1942 n. 1150, 5, quarto comma, e 19, primo comma lett. d), e), g), l. reg. Sardegna 22.12.1989 n. 45, e per il loro tramite, degli artt. 3 e 6 decreto assessoriale 20.12.1983 n. 2266/U, dell'art. 4 l. reg. Sardegna 19.5.1981 n. 17, 1, quarto e quinto comma, l. 3.1.1978 n. 1, e in subordine art. 42 n.a. al p.r.g. approvato il 19.4.1983, vizio di motivazione, censurano la sentenza per aver definito la destinazione a verde, riguardante il suolo espropriato, come vincolo conformativo dipendente dalla zonizzazione del territorio, mentre in realtà la previsione di p.r.g. anticipava la destinazione pubblicistica del suolo, imponendo un vincolo di inedificabilità preordinato ad esproprio, riconducibile alla provvista di standards necessari a dotare la zona urbanistica abitativa dei necessari servizi e infrastrutture.
Con il quarto motivo, indicato come "C 3^" in ricorso, i Muscas, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 4, 5, 7 l. 29.6.1939 n. 1497, dell'art. 2697, secondo comma, c.c., e degli artt. 115, 62 e 194 c.p.c., si dolgono che la sentenza abbia accolto acriticamente le indicazioni del c.t.u. in merito al carattere conformativo del vincolo apposto dal piano paesistico, mentre in realtà nulla risultava in merito all'effettuazione delle formalità di pubblicazione previste dall'art. 4 l. 1497/39, che sono costitutive per l'efficacia del piano, ingenerandosi il dubbio che il piano di Molentargius e Monte Urpinu abbia mai acquistato efficacia e vigenza. Inoltre, non poteva il giudice colmare le lacune istruttorie in cui è incorso il Comune di Cagliari, al fine di provare esistenza, vigenza, efficacia e contenuto del piano paesistico, ricorrendo al c.t.u., che da parte sua ha ecceduto dai limiti del mandato.
Con il quinto motivo di ricorso, indicato come "C 4^", denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 5 bis, commi 3 e 7 bis, l. 8.8.1992 n. 359, 1223, 2043 e 2056 c.c., 14 disp. prel. c.c., ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi, censurano la sentenza impugnata per aver ritenuto, ai fini della valutazione del bene occupato ed irreversibilmente trasformato, della necessità del requisito dell'edificabilità legale, che invece è applicabile solo sul presupposto di applicabilità del risarcimento regolamentato, cioè in presenza di un'occupazione appropriativa, ma non in carenza della dichiarazione di pubblica utilità, situazione che dà luogo ad un illecito permanente, ed in cui non rilevano, dovendo essere il risarcimento ispirato a criteri di integralità, parametrazioni limitative.
Con il sesto motivo di ricorso, indicato come "C 5^", denunciandosi violazione e falsa applicazione degli artt. 61, 62, 194 e 276 c.p.c., la sentenza è censurata per aver accolto le argomentazioni professate dal c.t.u., il quale ha attribuito una qualificazione giuridica dell'area, mentre gli competeva la sola descrizione ed eventualmente la valutazione, ma sulla base di una qualificazione compiuta dal giudice.
Con il primo motivo del ricorso incidentale, il Comune di Cagliari, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 2947, primo comma, c.c., ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi, e inoltre violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., censura la sentenza impugnata per aver disatteso l'eccezione di prescrizione: la dichiarazione di pubblica utilità, che la Corte d'appello ha ritenuto insussistente, deriva invece dalla stessa destinazione a verde dello strumento urbanistico comunale. Inoltre, l'affermazione in ordine all'applicabilità della prescrizione quinquennale, ritenuta dal Tribunale, era da ritenere coperta da giudicato, essendo rimessa alla Corte d'appello solo la questione di valutazione delle risultanze istruttorie, circa il dies a quo della stessa.
Con il secondo motivo, il ricorrente incidentale, denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 3, comma 65, l. 23.12.1996 n. 662, 2909 c.c. e 99 e 112 c.p.c., per non aver ritenuto che l'esistenza della dichiarazione di pubblica utilità era coperta da giudicato, ed inoltre per aver pronunciato sull'(in)applicabilità sostanziale della norma sul risarcimento regolamentato, mentre il motivo di appello ne limitava la cognizione alla sola vigenza della norma, venuta a colmare il vuoto subentrato alla dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 1, comma 65, l. 28.12.1998 n. 549. Il ricorso principale è infondato, e va rigettato.
Il primo motivo muove correttamente dal carattere conformativo del vincolo paesaggistico, ma nell'intento di tradurre la negazione dell'indennizzo che ne consegue, nei termini suggestivi di una sproporzionata penalizzazione della proprietà, vi associa un regime di assoluta inedificabilità che non trova riscontro nella disciplina positiva. Il vincolo paesaggistico ha generalmente l'effetto di determinare un regime di inedificabilità relativa, che comporta l'assoggettamento alla preventiva delibazione dell'autorità proposta alla tutela del bene protetto, di ogni progetto concernente la trasformazione e l'uso del bene (artt. 149 e 151 d.lgs. 29.10.1999 n. 490). E, dunque, correttamente il giudice di merito, nel momento in cui, con la sentenza non definitiva oggetto d'impugnazione, dà una qualificazione conformativa al vincolo gravante sulla proprietà, dispone per il prosieguo del giudizio ai fini di una adeguata valutazione in termini di utilizzabilità economica dei terreni, nel quadro di una non incompatibile previsione urbanistica di zona verde a servizio della collettività.
Ciò premesso, il primo motivo non può trovare accoglimento in quanto non è consentito rivolgersi alla Corte di giustizia per ottenerne l'interpretazione di una norma del Trattato, ai sensi dell'art. 234 (ex 177) del Trattato stesso, nei termini invocati dai ricorrenti.
Il par. 2 dell'art. 6 (F) del Trattato di Maastricht, del 7.2.1992, impone all'Unione il rispetto dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Questo non deve però indurre a ritenere che si sia determinata un'interposizione del diritto comunitario al rispetto, da parte degli Stati membri della comunità, della Convenzione firmata a Roma il 4.11.1950, di guisa che se ne p ossa demandare l'interpretazione, alla stregua delle norme comunitarie, alla Corte di giustizia di Lussemburgo. Il paragrafo citato impone semplicemente il rispetto, da parte delle istituzioni comunitarie, dei diritti umani, come riconosciuti dalla Convenzione: tanto che l'art. 46 (L), alla lett. d), sancisce l'applicabilità delle disposizioni del trattato istitutivo della Comunità europea relativamente alle competenze della Corte di giustizia, solo "per quanto riguarda l'attività delle istituzioni". La stessa Corte di giustizia, peraltro, chiamata a stabilire se la CEDU fosse parte integrante del diritto comunitario e se essa fosse competente a pronunciarsi nell'ambito di un rinvio pregiudiziale (art. 234), ha dichiarato di non essere competente ad esaminare la compatibilità delle norme nazionali di uno Stato membro con la CEDU allorché tali norme fuoriescano dal campo di applicazione del diritto comunitario (Corte Giustizia 29.5.1997, C-299/95, Kremzow). Le considerazioni ora esposte, del resto, rispecchiano il diverso ambito in cui agiscono le norme comunitarie, da un lato, e la CEDU, dall'altro, che costituisce fonte extra ordinem.
In conclusione, la violazione delle disposizioni della CEDU in quanto tale, e a prescindere dal principio generale di diritto comunitario che eventualmente contribuiscono a formare, non può essere oggetto di scrutinio da parte delle Corti comunitarie.
L'eventuale applicazione, diretta, dell'art. 1 prot. n. 1 della Convenzione (peraltro introdotta nel nostro ordinamento con la legge di ratifica 4.8.1955, n. 848), spetta al giudice nazionale, che ove ravvisi un contrasto della disciplina nazionale è tenuto a dare prevalenza alla norma pattizia, che sia dotata di immediata precettività rispetto al caso concreto, anche ove ciò comporti una disapplicazione della norma interna.
Non sembra che alla luce della norma citata possa ravvisarsi una violazione del diritto fondamentale della proprietà da parte della normativa urbanistica e di tutela del paesaggio. La Convenzione, a parte il potere di espropriare per cause di pubblica utilità, fa salvo il diritto degli Stati di disciplinare l'uso dei beni posseduti, in modo conforme all'interesse generale, e non sembra che ciò precluda, ove lo impongano le esigenze connesse alla protezione dei beni paesaggistici e ambientali, oltre che all'interesse ad un ordinato sviluppo del territorio, una compressione dello ius aedificandi. Dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, si coglie il principio di una necessaria proporzionalità tra l'interesse pubblico perseguito e la proprietà privata, ma di sicuro non si esclude che alla proprietà possa venire imposto un particolare sacrificio per la salvaguardia di interessi paesaggistici e ambientali (sulla legittimità del vincolo forestale, determinante un regime di inedificabilità relativa: Corte europea diritti dell'uomo 27.10.1994, Katte Klitsche de la Grange v. Italy). Ove si passi a valutare la conformità della disciplina dell'uso del territorio, anche se comporti vincoli di inedificabilità, ai principi della Costituzione repubblicana (e fra questi va escluso, per i motivi già detti, il richiamo all'art. 10), va ricordato come risalga proprio all'elaborazione della giurisprudenza costituzionale la teorizzazione di un tipo di vincoli, quelli conformativi della proprietà, configurabili per via di imposizioni a carattere generale e con criteri predeterminati, che riguardano intere categorie di beni, e in quanto connaturati al diritto stesso su quel bene, che nasce limitato, non sono suscettibili di indennizzo (Corte Cost. 9.5.1968, nn. 55 e 56).
Anche il secondo motivo di ricorso appare infondato. Poca importanza ha stabilire se il piano particolareggiato di Monte Urpinu sia scaduto, ove si consideri che il regime di sostanziale giuridico del suolo occupato è stato ricondotto dal giudice di merito, in base ad una ratio decidendi complessa, anche al piano territoriale paesistico di Molentargius - Monte Urpinu approvato nel 1979, all'interno del quale per relationem le limitazioni del p.r.p. sono richiamate, ma autonomamente e con ulteriore riduzione (e senza problemi di scadenza). Al piano paesistico, infatti, vanno ricondotti non solo gli effetti propri di un piano di direttive - destinato a orientare e condizionare l'azione dei soggetti pubblici investiti di competenze urbanistiche - ma anche quelli connaturati ad un piano di prescrizioni, immediatamente vincolante per i soggetti privati (Corte Cost. 13.7.1990, n. 327; sull'irrilevanza della disciplina urbanistica, pur conforme, in presenza di vincolo di inedificabilità per la tutela di testimonianze archeologiche: Cass. 3.5.2000, n. 5513).
Analoga sorte riceve il terzo motivo di doglianza. Non è ravvisabile un interesse a contestare la qualificazione del vincolo urbanistico apposto all'area, se conformativo o espropriativo, se è vero che la disciplina di inedificabilità, o, come sembra nella specie, di edificabilità funzionale alla fruizione pubblica della zona, può essere autonomamente tratta dal piano territoriale paesistico, le cui previsioni limitative all'uso della proprietà non è discutibile che siano conformative. Va osservato in proposito che la primazia assicurata dall'ordinamento al valore ambientale, fa si che le previsioni di tutela del paesaggio prevalgano su ogni altra disciplina concernente l'assetto del territorio. I piani regolatori debbono conformarsi alle indicazioni dei piani paesistici (art. 150 d.lgs. 490/99).
I beni immobili privati qualificati come bellezza naturale costituiscono, fin dall'origine, una categoria di interesse pubblico in virtù delle particolari qualità, previste dalla legge, che ad essi ineriscono; pertanto, quando l'amministrazione impone vincoli paesaggistici a tali beni, non ne modifica la qualità, ne' determina alcuna compressione del diritto su di essi, essendo connaturato a tali beni il limite che il vincolo imposto si è limitato ad evidenziare, con la conseguenza che la suddetta imposizione di vincoli da parte dell'Amministrazione non determina l'insorgenza di un diritto costituzionalmente garantito all'indennizzo, senza che, però, possa escludersi la legittimità di specifiche disposizioni prevedenti, caso per caso, l'adozione di misure intese a ristorare il pregiudizio patito dai titolari di diritti sui beni oggetto del vincolo (Cass. 19.11.1998, n. 11713; Corte Cost. 29.5.1968, n. 56;
4.7.1974, n. 202). Il vincolo panoramico non è soggetto alla disciplina della temporaneità ai sensi dell'art. 2 della legge 19.11.1968 n. 1187, che è dichiaratamente applicabile ai soli vincoli di piano regolatore, e di conseguenza non incorre nella ivi prevista decadenza nel caso di mancata approvazione del piano particolareggiato nel termine previsto, essendo correlato alla tutela del paesaggio in virtù delle caratteristiche dei beni naturalmente paesistici che sono ad esso sottoposti (Cass. 12.6.1991, n. 6649): la distinzione, contenuta nella norma citata, tra vincoli preordinati a esproprio e vincoli che comportano l'inedificabilità, è da riferire, rispettivamente, alle previsioni funzionali alla realizzazione dell'opera pubblica, con imposizioni a titolo particolare su determinate aree, e alle situazioni di temporanea neutralizzazione dello ius aedificandi in attesa di successive regolamentazioni particolareggiate, applicate in via generale a consistenti estensioni territoriali, nella logica della zonizzazione (Cass. 23.4.2001, n. 173/SU; 15.3.1999, n. 2272), sempre comunque a previsioni di piano rese nell'esercizio del potere di pianificazione. Il sistema di tutela del paesaggio, dell'ambiente, del patrimonio storico e artistico, giustificano l'affermazione di limitazioni all'uso della proprietà dei beni vincolati, senza limitarne, peraltro, la commerciabilità, o una redditività diversa da quella dello sfruttamento edilizio, alla luce dell'equilibrio costituzionale tra gli interessi in gioco, che vede alcune delle facoltà del diritto dominicale recessive di fronte alle esigenza di salvaguardia dei valori culturali ed ambientali (art. 9 Cost.), in attuazione della funzione sociale della proprietà (art. 42, secondo comma, Cost.): la questione di legittimità costituzionale degli artt. 5 e 16 l. 1497/39, e dell'art. 149 d.lgs. 490/99, è da considerare manifestamente infondata.
Il quarto motivo è inammissibile. Esso mira a infirmare la validità ed efficacia del piano paesistico, ma nel suscitare dubbi sull'avvenuta pubblicazione, introduce nella controversia un elemento di assoluta novità nell'oggetto del contendere (che la parte ben avrebbe potuto contestare in fase di merito, a cominciare dal giudizio di primo grado, dopo il deposito della c.t.u.), che richiede accertamenti di fatto, non ammissibili in questa sede (Cass. 4.6.2001, n. 7521; 6.6.2000, n. 7583).
Va disatteso anche il quinto motivo. La sentenza resa dalla Corte d'appello è non definitiva, e disponendo per il prosieguo del giudizio con separata ordinanza, si è limitata ad ascrivere i suoli occupati alla condizione giuridica delle aree classificate S3, verde pubblico di quartiere: ha sconfessato il metodo di valutazione usato dal c.t.u., sulla base dei costi delle costruzioni erigende sugli stessi, e per questo ha assunto la necessità di un'adeguata stima, avendo dato atto che le norme di zona consentono la realizzazione di impianti pubblici, sportivi, ricreativi, culturali e turistici, con edifici che possono occupare una superficie di coperto pari ad 1/5 della superficie.
Ogni critica sulla procedura di valutazione pare, allo stato, prematura, dovendosi escludere, in primo luogo, che il giudice abbia adottato il requisito dell'edificabilità legale (e quindi, se è dato interpretare il timore dei ricorrenti, l'assoluta inedificabilità dei suoli occupati), in funzione di un risarcimento regolamentato, non prospettabile in una situazione di carenza di dichiarazione di pubblica utilità (c.d. "occupazione usurpativa"):
la qualificazione del vincolo a verde non può dirsi repulsiva ad ogni considerazione di redditività del bene, che non è dato cogliere nella motivazione della sentenza impugnata, anche alla luce degli ultimi esiti giurisprudenziali, che per le aree destinate a servizi ed attrezzature pubbliche lasciano spazio ad una valutazione del suolo espropriato in termini di utilizzabilità economica, in cui l'edificazione è solo lo strumento indispensabile per assicurare la funzione urbanistica assegnata alla zona in cui il suolo è compreso (Cass. 23.4.2001, n. 172/SU).
Per motivi analoghi va rigettato il sesto motivo: il giudice di merito non ha assolutamente affidato al c.t.u. il compito di qualificare l'area come edificabile o meno. Dalla sentenza impugnata si legge che l'ausiliario ha accertato la classificazione urbanistico ambientale del bene: opera ben ammissibile, siccome accertamento di fatto, e ciò sia detto anche con riguardo alla doglianza sviluppata nel quarto motivo relativamente all'esistenza e alla disciplina del p.t.p. Sulla scorta della situazione urbanistica, accertata come S3 (la valutazione alternativa fondata su un'ipotetica appartenenza dell'area a zona B5 è già stata scartata dal giudice), e della eventuale edificabilità consentita nel quadro di essa, il giudice procederà ad una più specifica valutazione.
Passando all'esame del ricorso incidentale, esso va rigettato. Riguardo al primo motivo, all'affermazione del giudice di merito, per cui, nella specie, mancherebbe una dichiarazione di pubblica utilità, l'amministrazione obietta doversi ricondurre l'istituzionale riconoscimento del fine d'interesse pubblico, alla stessa previsione di piano che ne prevedeva la destinazione a verde. La doglianza appare generica e di per sè non significativa. Non si specifica a quale strumento, fra quelli menzionati nella stessa sentenza, dovrebbe essere assegnato questo valore, tenendo conto che le previsioni del p.r.g. hanno di regola carattere generale e programmatico, e non sono idonee ad avviare la procedura di acquisizione dei suoli; l'eventuale identificazione della dichiarazione di pubblica utilità con il p.r.p. di Monte Urpinu, approvato con decreto 18.4.1974 n. 91, pare contraddetta dall'assegnazione del carattere conformativo al vincolo, che peraltro la Corte d'appello parrebbe far discendere dalla rettifica apportata allo stesso p.r.p. dal p.t.p. di Molentargius - Monte Urpinu. Sotto l'altro profilo della doglianza, esercitando il sindacato sulla decorrenza della prescrizione, come ritenuta dal giudice di primo grado, la Corte d'appello ha correttamente escluso che il termine fosse mai iniziato a decorrere, atteso il carattere permanente dell'illecito, rappresentato da un'occupazione non assistita da dichiarazione di pubblica utilità: va in proposito osservato che il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, fissato dall'art. 112 c.p.c., non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti, nonché in base all'applicazione di una norma giuridica diversa da quella invocata dall'istante, con il limite attinente al divieto del giudice stesso di attribuire alla parte un bene non richiesto o, comunque, di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nei fatti di causa e che si basi su elementi di fatto non ritualmente acquisiti in giudizio come oggetto del contraddittorio e non tenuti in alcun conto dal primo giudice (Cass. 12.10.1999, n. 11455; 23.3.1999, n. 2730). Anche il secondo motivo del ricorso incidentale è infondato. Non è riconoscibile un giudicato sull'esistenza della dichiarazione di pubblica utilità, atteso che per effetto dell'appello, particolarmente riguardo al decorso della prescrizione, era rimasto complessivamente in discussione il diritto al risarcimento del danno per l'occupazione illegittima, per il quale il giudice di primo grado aveva erroneamente trascurato di verificare il carattere istantaneo o permanente dell'illecito da cui esso scaturiva. Nessun elemento, inoltre, può cogliersi dalla sentenza di primo grado per ritenere un passaggio in giudicato del decisum circa "il criterio" di risarcimento, nel senso di una liquidazione decurtata del danno, che avrebbe imposto al giudice d'appello l'applicazione del sopravvenuto art. 5 bis, comma 7 bis, l. 359/92. Per le stesse ragioni poco sopra esposte, il giudice di appello, attribuita ai fatti una diversa qualificazione giuridica, applica la disciplina giuridica che reputa consequenziale.
La reciproca soccombenza induce alla compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta.

venerdì 4 novembre 2011

Ambiente in genere

TAR Toscana Sez. II n.1412 del 21 settembre 2011
Ambiente in genere. Impianti di produzione energia e legittimazione residenti

In linea di principio, i soggetti residenti in prossimità della località nella quale si intende realizzare un impianto di consistenti dimensioni preposto alla produzione di energia elettrica, ed alimentato da combustibili che sono potenzialmente suscettibili di incidere negativamente sulla qualità dell’ambiente, sono legittimati ad impugnare l'atto autorizzativo dell'impianto suddetto, attesa la sussistenza di un loro collegamento stabile con la zona interessata alla realizzazione dell'opera. Né tale legittimazione può essere subordinata alla produzione di una prova puntuale della concreta pericolosità dell'impianto, dovendo reputarsi sufficiente la prospettazione delle temute ripercussioni sul territorio collocato nelle immediate vicinanze della centrale da realizzare. Peraltro, l’interesse di colui che, in una situazione di vicinitas all’impianto autorizzato, propone ricorso può riguardare anche aspetti diversi dalla tutela ambientale atteggiandosi differentemente in relazione al bene della vita che si intende proteggere attraverso l’azione giurisdizionale. Si è perciò ritenuto che anche eterogenei interessi quali l’incompatibilità della struttura con gli insediamenti preesistenti dal punto di vista urbanistico o commerciale possa radicare la legittimazione dei soggetti ricorrenti in relazione al pregiudizio economico temuto.